Panorama

Il mecenatism­o che non guarda i confini

Il Coliseo di Buenos Aires è l’unico teatro di proprietà dello Stato italiano fuori dal nostro territorio. Un restauro ne ha ripristina­to la meraviglia originaria. Grazie a soldi argentini, a una legge cittadina e all’entusiasmo di una giovane brianzola v

- Di Nazzareno Carusi

CIL CASO he sorpresa, il restauro del teatro Coliseo di Buenos Aires. Ero lì venti giorni fa. Costruito nel 1905, quasi 1.800 posti, una buca d’orchestra per 100 musicisti, è il secondo teatro della capitale argentina dopo il celeberrim­o Colón e uno dei maggiori del Sudamerica. Ciò che lo rende curioso è il fatto di essere l’unico teatro di proprietà dello Stato italiano fuori d’Italia. Ebbene, è stato restaurato con 44 milioni di pesos. Al cambio del 2014, anno d’inizio dei lavori, poco meno di 4 milioni di euro. Ma argentini, non italiani.

A Roma questa velocissim­a operazione, sostenuta dalla nostra ambasciata guidata oggi da Teresa Castaldo, non è costata nulla. Grazie a una squadra di lavoro da cui è emersa la tenacia di Elisabetta Riva, giovane brianzola volata laggiù per amore. Con arte e mestiere, capacità managerial­i e intuito artistico, è lei a curare del Coliseo gestione pratica e cartellone.

Ha sfruttato la Ley de Mecenazgo, una legge cittadina che lascia le aziende devolvere direttamen­te una quota delle tasse a progetti culturali dichiarati d’interesse pubblico da un Consiglio creato apposta dal ministero della Cultura della città stessa. Una norma tanto avanti, che non impone ai beneficiar­i nemmeno la pubblicità agli sponsor. Ciò significa che se l’istituzion­e sostenuta deve avere la reale capacità d’attrarre risorse, il ritorno per chi la sostiene non è un effimero logo stampato qua e là ma l’ingresso in un circolo virtuoso che, evidenteme­nte, ricompensa anche di più. Senza considerar­e l’effetto sociale straordina­rio dello sviluppo di un autentico e radicato mecenatism­o. Così la signora Riva ha rimesso a nuovo un santuario cui sono legati molti nostri giganti della musica.

Gino Marinuzzi, per dirne solo uno: primo italiano a dirigere il Parsifal dopo la caduta della privativa trentennal­e voluta da Wagner per Bayreuth. Era il 20 giugno 1913 ed era appunto al Coliseo. Nel 1937, con una donazione del conte Felice Loria, il Coliseo venne comprato dall’Italia per costruirvi la Casa d’Italia. Il consolato vi prese sede nel 1944. Dopo gli anni difficili del dopoguerra l’edificio intero, col nome di Palazzo Italia, venne inaugurato nel 1961. Nel 1971 il teatro fu dato in concession­e alla Fundación cultural Coliseum, presieduta onorariame­nte dall’ambasciato­re d’Italia in Argentina il quale, tra le eccellenze della comunità italiana di Buenos Aires, ne nomina i membri del direttivo.

Cristiano Rattazzi e Giorgio Alliata di Montereale sono gli attuali presidente e vicepresid­ente. Nel Palazzo Italia, infine, ha sede anche l’Istituto italiano di cultura, la cui presente direttrice Maria Mazza è riuscita, con le risorse residue di fondi che da Roma, invece, arrivano sempre più scarsi, ad acquistare uno splendido pianoforte Fazioli per l’auditorium interno. Patriottic­amente, giù il cappello. Conoscendo il ministro Franceschi­ni, andato in visita qualche mese fa, il pensierino a un «Mecenazgo» italiano lo sta facendo. Sarebbe meglio del già buon «Art bonus».

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L’interno del teatro Coliseo di Buenos Aires, finito di restaurare nel maggio 2016.
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