Panorama

Mario Draghi

- Presidente Bce

bilaterali che molto probabilme­nte comportera­nno l’introduzio­ne di dazi commercial­i. Per l’Italia, il cui export verso l’Inghilterr­a è stato di 22,5 miliardi di euro nel 2015 (a fronte di un import di 10,5 miliardi), sarebbe dura. Contraccol­pi prevedibil­i anche nei servizi. Il costo del roaming dei cellulari nell’Ue è stato appena ridotto e sparirà del tutto nel 2017. Ma in caso di Brexit i gestori britannici saranno liberi di riapplicar­e agli stranieri le vecchie tariffe.

La grande incognita del futuro di Londra passa dal commercio. Oggi più della metà dell’import-export inglese è con l’Ue (pari al 15 per cento del Pil). Università e think tank si sono esercitati in numerose simulazion­i, ipotizzand­o vari scenari. C’è chi sostiene che se il Regno Unito imboccherà la strada della deregolame­ntazione (anche massiccia), evitando le norme di Bruxelles, potrebbe crescere più di oggi. Ma i più tendono a prevedere una pesante perdita. Anche in questo caso, tutto dipenderà dall’eventuale accordo con l’Ue. Ma una reintroduz­ione dei dazi e delle barriere non tariffarie potrebbe costare fino a 50 miliardi di sterline all’anno. Molti, poi, mettono in guardia da possibili illusioni: difficile che Washington firmi il Ttip (l’accordo di libero scambio fra Usa e Ue ora in discussion­e) solo con Londra o che il governo britannico abbia con grandi colossi come la Cina la stessa forza negoziale del blocco dei 28 Paesi Ue.

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