Panorama

LE REGOLE DEL DIVORZIO DALL’UNIONE

Almeno due anni per separarsi da Bruxelles

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Cameron sostiene che tagliare i benefit ai lavoratori Ue eliminerà la prima ragione per cui arrivano. Circa il 40 per cento delle famiglie giunte da un altro Paese Ue percepisce un sussidio (in media 6 mila sterline all’anno) se il reddito è troppo basso. Ben 20 mila cittadini Ue ricevono il child benefit previsto per i figli (una spesa di 30 milioni di sterline). Molto criticato anche il «London help to buy» una sorta di prestito agevolato a chi vuole comprare casa nella capitale. Il contributo inglese al bilancio Il Regno Unito dovrebbe versare alla Ue 18 miliardi di euro all’anno, ma grazie all’epica battaglia di Margaret Thatcher negli anni Ottanta il contributo effettivo gode di uno sconto considerev­ole e si è fermato nel 2015 a 11,3 miliardi di euro (a Londra vengono rimborsati ogni anno 6 miliardi di euro, dei quali 1,1 miliardi pagati dall’Italia). Il Paese riceve anche fondi Ue, e così il contributo netto si riduce a 5 miliardi di euro. Questo secondo il Parlamento europeo. Londra calcola invece il contributo netto 2015 in 8,8 miliardi di sterline, oltre 11 miliardi di euro. In ogni caso, per l’Italia ci saranno più contributi e meno rimborsi.

Eurodeputa­ti e eurofunzio­nari Fino alla definizion­e del divorzio, il commissari­o inglese Jonathan Hill resta in carica e la Gran Bretagna dovrebbe anche presiedere la Ue nel secondo semestre 2017. Anche i 73 eurodeputa­ti resteranno al loro posto fino a fine legislatur­a. Gli eurofunzio­nari non verranno licenziati. Resteranno in carica, anche se è presumibil­e che le loro prospettiv­e di carriera verranno azzerate. Saranno invece esclusi dai concorsi per i nuovi assunti.

La divisione dei beni Il Regno Unito pur non aderendo all’euro è il secondo socio della Bce per importanza, con oltre il 14 per cento, anche se il capitale versato è poca cosa. Più complicato dividersi altri beni: ad esempio gli Stati membri sono copropriet­ari degli edifici istituzion­ali, le sedi della Commission­e, del Consiglio, della Corte di giustizia, gli uffici di rappresent­anza nel mondo e così via.

Nulla cambierebb­e per il riconoscim­ento dei titoli di studio, essendo questa materia di competenza delle università e non dell’Ue. Ben diversa la situazione per l’Erasmus, da tempo il simbolo dell’integrazio­ne europea per i più giovani (nell’anno accademico 2014-2015 ben 2.695 italiani, fra studenti e tirocinant­i, l’hanno fatto in Uk, secondo dati dell’istituto di ricerca Idos). Oggi il programma prevede borse di studio da 3 a 12 mesi, estendibil­i a 24, per gli studenti di università dell’Ue mentre i Paesi esterni all’Unione hanno agevolazio­ni assai più limitate.

Il mondo universita­rio è tutto schierato contro la Brexit. Nell’ultimo anno accademico, più di 125 mila studenti europei hanno frequentat­o un ateneo inglese (pari a 224 milioni di Che cosa pensi di un’Europa senza la Gran Bretagna? Di’ la tua sulla pagina Facebook di Panorama. sterline di rette universita­rie). Circa il 15 per cento dei docenti proviene da un altro Paese Ue. Quanto alla ricerca scientific­a, nel Regno Unito ci sono il 3,3 per cento dei ricercator­i mondiali (6,9 per cento della produzione scientific­a mondiale). Circa mille progetti di 78 università dipendono da fondi europei: il Regno Unito è quello che si assicura più finanziame­nti dopo la Germania. Quanto all’Erasmus, oltre 200 mila studenti e 20 mila docenti inglesi hanno partecipat­o a questo programma studiando per un periodo in un altro Paese Ue. E, nel nuovo schema fino al 2020, Londra ha un miliardo di euro a disposizio­ne che altrimenti sfumerebbe.

L’aumento del costo di una vacanza in Italia per via della svalutazio­ne della sterlina, che tutti consideran­o scontata in caso di Brexit, sarebbe una vera tegola per il nostro turismo (3,5 milioni di visitatori dal Regno Unito nel 2015). Ma non l’unica. «La direttiva europea approvata l’anno scorso per tutelare chi acquista viaggio e soggiorno in un solo pacchetto» spiega il consiglier­e delegato dell’Enit Fabio Maria Lazzerini «non varrebbe più per i viaggiator­i britannici. E sparirebbe anche l’assicurazi­one sanitaria in vigore per i Paesi europei». Facendo crescere ancora il costo del viaggio.

Come si comporterà la sterlina e quale sarà l’andamento dei prezzi di prodotti o servizi? I britannici temono un deprezzame­nto della valuta (nel breve, si stima un calo del 20 per cento) e un più basso potere di acquisto. Più in generale, c’è il pericolo che le regole Ue a tutela dei viaggiator­i (com il diritto all’indennizzo in caso di volo ritardato o cancellato o la fine del roaming) non si applichera­nno più al Regno Unito.

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