Così l’Italia resta col cerino in mano
Le quote di ripartizione tra Paesi europei non decollano. Gli aiuti da 60 miliardi ai Paesi africani si sono ridotti a 500 milioni. E intanto si prospetta un’ondata di arrivi.
Negli ultimi due anni in Italia sono entrati complessivamente più di 300 mila migranti. Circa il 40 per cento ha chiesto asilo, circa 10 mila sono stati rimpatriati, la maggioranza o si è clandestinizzata o se n’è andata verso il nord Europa in barba al regolamento di Dublino. L’Italia ha chiesto di cambiare questa regola che impone ai Paesi di primo approdo di trattenere i richiedenti asilo in attesa che la loro posizione venga definita.
La Commissione europea presieduta da Jean-Claude Juncker e alcuni Paesi come Germania e Svezia, hanno detto sì, altri no. Risultato: le regole di Dublino sono tutt’ora vigenti. L’Italia ha poi chiesto che i rifugiati venissero distribuiti in tutti i Paesi secondo criteri proporzionati alla popolazione e al Pil. La Commissione ha detto sì e ha elaborato un piano che prevedeva di ricollocare almeno 100 mila dei profughi sbarcati sulle coste italiane e greche. Alcuni Paesi, come Germania e Svezia, hanno detto sì, altri no. Risultato: in tutto sono stati redistribuiti negli altri Paesi solo 500 migranti.
Ora, per il 2016 gli ottimisti prevedono un afflusso di migranti africani verso l‘Italia pari a quello del biennio precedente, i realisti un afflusso maggiore e i catastrofisti (ce ne sono anche nel governo) un esodo paragonabile a quello che nel 2015 si è mosso dalla Siria verso la Grecia. Intanto, per evitare l’aggiramento delle