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solo esempio ci sono cinque milioni di melomani cinesi che non vedrebbero l’ora di venire in Italia per andare all’opera. Se vogliamo portarceli, però, bisogna organizzarsi».
Organizzarsi, per sfruttare le potenzialità del Belpaese, è una magnifica ossessione per Luca Patanè. Con tale intento, quest’uomo imponente dai modi discreti si è buttato in un’impresa ardita, la stessa sulla quale si sono misurati, e incagliati, governi di centrosinistra e di centrodestra: un portale, già battezzato Tripitaly, attraverso il quale gli stranieri possano pianificare e acquistare con pochi click la loro vacanza italiana ideale. Tutta la vacanza, hotel, grand hotel e le stanze nelle case degli host di Airbnb, treni, aerei, bus, ristoranti, ingressi a teatro e nei musei, i passaggi di Uber…
«L’ambizione è creare un ecosistema del turismo italiano» tira le somme lui, che non nega si tratti di un disegno temerario: «Sì, lo è, per un progetto così ci vogliono tanto tempo e tanti soldi, da 20 a 30 milioni di euro a regime, da qui a dieci anni, altrimenti non ce la fai. Io ho sempre fatto le cose da solo e i soldi, guadagnati e persi, sono sempre stati miei. Per Tripitaly ho creato una start-up con la Digital Magics ( un incubatore di progetti digitali, ndr) tre anni fa, la cosa non ha del tutto funzionato e ho ripreso le quote. Ora ne ho parlato con dei fondi di investimento, che sono tutti interessati ma spaventati dai costi: entriamo nel capitale di Uvet poi i soldi su Tripitaly li metti tu, mi hanno risposto. Ma non è questo quello che sto cercando».
Con o senza un partner, comunque, Patanè tira dritto: «A oggi abbiamo realizzato l’80 per cento del software di Tripitaly, che ci è costato 2,5 milioni. Alla fine di quest’anno partiremo con un portale b2b, cioè per le sole imprese, e a ruota lo apriremo ai consumatori. Inizieremo dai mercati vicini, più facili, e ci allargheremo via via».
Le sfide in grande, del resto, non l’hanno mai spaventato. Prese le redini della Uvet quando morì suo padre, era il 1988 e aveva 27 anni: Patanè ha trasformato tre solide agenzie di viaggi di Milano e hinterland in un colosso turismo made in Italy. Ha creato il campione nazionale dei viaggi d’affari, con clienti come Fiat Chrysler e Finmeccanica. Ha messo in piedi una rete di 1.900 agenzie di viaggi (170 di proprietà, le altre affiliate) e una società che organizza eventi e congressi, ha sedi anche a Londra e Chicago e si è aggiudicata un contratto con la Walgreens Boots Alliance, il numero uno globale della distribuzione di prodotti farmaceutici.
Con quel cognome così siciliano, Luca Patanè è nato a Milano nel 1961, figlio di un bergamasco, nipote di un ex capitano di navi mercantili di Acireale, provincia di Catania, diventato capostazione a Bergamo nel 1915. Nel 1988 ha preso in mano la Uvet fondata dal padre. Lo scorso 1 giugno, il presidente della Repubblica lo ha nominato cavaliere del lavoro, tra le motivazioni: aver realizzato un gruppo sempre in crescita e in evoluzione, in grado di creare continuamente nuovi posti di lavoro. Quando l’ha saputo, Patanè ha preso carta, penna e scritto ai suoi mille dipendenti: «Questa onorificenza è anche vostra. Grazie a tutti».