Panorama

Quattro donne per Giacobbo

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anni ho fatto satira in radio: davo voce a 34 personaggi. Insomma, ci sta la presa in giro. Però, ho dovuto calmare i miei autori e qualche istituto di ricerca con il quale collaboria­mo. Ha mai parlato con Crozza? Ci siamo incontrati una volta in un hotel a Milano. «Ma sei così alto?». «Sì, e dico cose sorprenden­ti ma assolutame­nte vere». Gelosie? Arrivano, se hai successo. La passione per la storia e le scienze che origini ha? Sempre avuta, fin da piccolo smontavo e rimontavo i giocattoli, volevo svelare il segreto di come erano fatti. Mio padre, che lavorava in Ibm, mi portava i circuiti stampati dei computer, rotti. E io ci costruivo città per i miei giochi. Mamma invece era casalinga, si è dedicata a me e a mio fratello. Io sono nato nove mesi e tre giorni dopo il matrimonio: allora si arrivava illibate al giorno del «sì». Quanti giorni sta lontano da casa? Tra i 150 e i 200. In dieci anni ho superato i due milioni e 300mila punti della tessera Alitalia. Piccolo chimico, Meccano, Lego: li aveva tutti, no? Certo. Ho costruito una radio privata usando i termosifon­i come antenne. Non capisco… Avrò avuto 12 anni. Con alcuni amici collegammo una trasmitten­te all’impianto di riscaldame­nto del condominio e ogni giorno, dalle sette alle otto di sera, «trasmettev­amo» dalla cantina: stupidate, fatti del quartiere, notiziole. Vuol dire che era un allegrone? Sembra così serio in tv e anche ora. Al liceo avevamo fondato un gruppo goliardico. Una volta simulammo un incendio a scuola. Un’altra, il terremoto. Come avete fatto a far tremare la terra? I suoi detrattori direbbero che ha sempre frequentat­o l’enfasi… Scegliemmo un’aula per piano e lì impilammo banchi e sedie fino al soffitto. Al segnale convenuto togliemmo un pezzo, facendo cascare le pile. Per poi urlare: «Il terremoto! Il terremoto!». Vi beccarono? Non ci hanno mai scoperti. Nell’ultimo libro ringrazia anche i suoi genitori «per l’eredità morale». Quale è? Mio nonno era Penna bianca degli alpini. L’8 settembre 1943 era a capo della caserma con 300 uomini: stavano per arrivare i tedeschi e disse ai suoi ragazzi: «Voi andate a casa, resto qui a tenere la postazione». Come finì? Fu mandato in campo di concentram­ento dove morì: aveva 43 anni, due figli, fra i quali mio padre di otto. Sono molto legato a quel ricordo e a Bassano del Grappa, il paese natio della famiglia. Una volta, entrando in un negozio, mi riconobber­o: «Ma lei è Giacobbo, il nipote di Giovanni? Prenda quello che vuole, qui a Bassano tutti noi dobbiamo molto a suo nonno». Riassumend­o: quali i valori di casa Giacobbo, ereditati e praticati? Il rispetto sia della famiglia sia della singola persona. Credo nella buonafe- de altrui, non mi piace pensare male. Sono convinto che i vortici di positività contagino. Lei crede di possedere il vortice? Se mi fermano per strada riconoscen­domi, dedico sempre del tempo alle persone. Forse perché ho il ricordo di Pippo Baudo. Che c’azzecca Pippo Baudo? Ero piccolo, avrò avuto sette anni. Vidi Baudo che camminava. Lo salutai e lui non rispose. Allora, mollai la presa della mano di mia mamma e lo rincorsi. Si scusò, disse che non mi aveva visto. Torniamo ai valori. Una volta mia figlia Angela, la maggiore, uscì con questa frase: «Quando ero piccola facevo quello che tu mi dicevi, da grande faccio quello che tu fai». E io che volevo stringerla nell’angolo… parlare di Kazzenger! Quando vengo attaccato, penso di non meritarmel­o, però voglio pensare che gli uomini nel profondo dell’animo siano positivi e che siano in buonafede. A proposito di fede, crede in Dio? Sono cristiano cattolico. E finché non

 ??  ?? Da sinistra, la moglie Irene con le figlie Margherita (15 anni), Giovanna (18) e Angelica (20). Le tre sorelle condividon­o tutto e sono molto legate fra loro.
Da sinistra, la moglie Irene con le figlie Margherita (15 anni), Giovanna (18) e Angelica (20). Le tre sorelle condividon­o tutto e sono molto legate fra loro.

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