Parigi: l’alba della Sesta Repubblica
Terrorismo, scioperi, proteste violente, economia in affanno... La Francia perde sempre più colpi. Ed è alla ricerca di un nuovo monarca. Per poi ghigliottinarlo.
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II francesi vogliono un re, per poi ghigliottinarlo». Lo ripete sempre Marcel Gauchet, filosofo della sinistra, ma spirito molto, molto indipendente. Definisce i suoi connazionali «anarchici e al tempo stesso autoritari». Che è un po’ lo spirito di questa Quinta Repubblica, con un presidente molto monarca. Ebbene, nell’attuale fase di impasse, tra scioperi e violente proteste per le strade di Parigi, un’economia che fatica a ripartire e dibattiti «antichi» che si chiudono su se stessi (come sulla maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, già digerita nel resto d’Europa), l’autorità è scomparsa: resta solo l’anarchia.
L’ultimo sondaggio sulla popolarità di François Hollande e del premier Manuel Valls, dell’affidabile istituto Ifop, è l’ennesimo bollettino di guerra: il 14 per cento dei francesi approva l’operato del presidente (ha fatto anche peggio) e il 21 per cento quello di Valls (il suo minimo storico). Negli ultimi mesi le polemiche scatenate intorno alla legge El Khomri sulla riforma del mercato del lavoro, un Jobs act in salsa francese, sono state l’ennesima mazzata piombata sulla fiducia nei confronti dei due. Come al solito, Hollande e Valls hanno vagato tra ingenue indecisioni e inutili rigidità. Hanno presentato una legge discutibile (ma è davvero giusto consentire un licenziamento economico per le imprese più piccole in presenza di un solo trimestre di flessione del fatturato?). Non hanno negoziato in precedenza con i sindacati. E hanno affidato il dossier a Myriam El Khomri, ministra del Lavoro, personaggio volenteroso ma privo di carisma, invece di ricorrere, come era previsto inizialmente, a Emmanuel Macron, ministro dell’Economia, astro nascente di