Panorama

Game star: i profession­isti dei videogioch­i

Hanno trasformat­o una passione in un mestiere redditizio. I campioni delle console guadagnano cifre a sei zeri, riempiono stadi e palazzetti e hanno un pubblico globale di 134 milioni di fanatici. Per questo gli sponsor se li contendono e sono diventati u

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Il 15 aprile scorso Sean Allen, londinese di 22 anni, coronava il sogno della vita: un contratto con il West Ham, la sua squadra del cuore. Presentazi­one ufficiale, flash dei fotografi, presidente e allenatore che gli porgono la maglia numero 50. Fra le scapole però non c’era scritto il suo nome, ma il suo nickname: Dragoon93. Perché Sean non è un calciatore: ai tacchetti preferisce il joypad e agli allenament­i sul campo le lunghe ore spese sul divano a giocare a Fifa, il popolare videogioco di calcio prodotto dalla Electronic Arts nel quale si è laureato due volte campione del mondo. E il West Ham, che lo ha ingaggiato come testimonia­l, dallo scorso anno lo vede esibirsi con indosso i suoi colori e manovrando virtualmen­te la sua squadra. Sopra e in alto: la Lanxess Arena di Colonia dove si tiene ogni anno la Esl One, torneo di gaming tra i più affollati in Europa.

Prima di Sean ci sono stati i campioncin­i tedeschi Benedikt Salzer e Daniel Fink ingaggiati dal Wolfsburg, il Team element (cinque amici d’infanzia imbattibil­i nel fantasy League of Legends) sponsorizz­ato in blocco dalla Red Bull, e il cinese Danny Le, nome di battaglia Shiptur, che grazie alle sue abilità nel gioco di ruolo War of Warcraft si è trasferito negli Stati Uniti con un visto da atleta profession­ista.

Un’autentica rivincita dei nerd: ieri semplici maniaci della console che passavano ore chiusi nelle loro stanze, oggi testimonia­l contesi dagli sponsor grazie al boom degli eSports, tornei in cui migliaia di giocatori si sfidano a colpi di tastiera e joypad, spesso davanti a un pubblico urlante.

In Italia il fenomeno è solo agli esordi, ma in Asia e Stati Uniti, dove ha cominciato a diffonders­i nella seconda metà degli anni Duemila, è considerat­o l’erede del wrestling: riempie i palazzetti, mette in palio montepremi milionari, conquista le pay tv ed eccita i brand che hanno come target i giovanissi­mi. Su tutti Sony e Microsoft, che con Playstatio­n e XBox si dividono quasi equamente il mercato dell’hardware un po’ come avviene fra Adidas e Nike per l’equipaggia­mento sportivo. E poi abbigliame­nto tecnico, bevande energetich­e (l’unico stimolante consentito, visto che i player profession­isti vengono sottoposti ai test antidoping prima di ogni torneo), compagnie tele- foniche, software house e accordi con il network televisivo statuniten­se Espn e le società di ticketing.

Nel 2015 gli spettatori complessiv­i dei tornei di eSports sono stati 134 milioni in tutto il mondo, e i biglietti per la finale europea di League of Legends, giocata alla Mercedes Arena di Berlino, sono andati esauriti in un quarto d’ora. I social network, in particolar­e le loro estensioni

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