Formula 2020. Perchè la cura Marchionne non guarisce il Cavallino
Perché la cura Marchionne non guarisce il Cavallino
A quasi due anni dal suo arrivo al vertice, le rosse continuano ad arrancare sui circuiti. Nonostante un fuoriclasse alla guida come Sebastian Vettel.
Sebastian Vettel, terzo nel Mondiale, a 45 punti di distanza dal leader, Nico Rosberg; il compagno Kimi Räikkönen quarto a meno 60. Il bilancio della Ferrari, dopo l’ottavo Gran premio stagionale (su 21) fornisce solo premi di consolazione, gratificato, paradossalmente, dalla lotta al vertice tra i due piloti Mercedes, da Lewis Hamilton, soprattutto, distratto e spesso lontano dalla grazia che gli ha dato tre titoli mondiali. Punti delle due squadre: 258 contro 177. Per le rosse, nemmeno una vittoria, al contrario di quanto accadde nel 2015 quando Vettel trionfò in Malesia nella seconda gara in calendario; distacchi ancora rilevanti sia in qualifica sia in corsa, nei confronti della formidabile squadra tedesca, capace di ottenere sette successi nelle prime sei tappe. In aggiunta, il ruolo di seconda forza del circo, occupato stabilmente dalla Ferrari, minacciato a più riprese dalla Red Bull, l’unico team capace di strappare alla Mercedes un centro pieno, in Spagna, con il diciottenne Max Verstappen, nel giorno in cui entrambe le macchine tedesche entrarono in clamorosa collisione al primo giro. Offrendo così la prima vera grande occasione al Cavallino. Macché.
Insomma, chi attendeva l’occasione per criticare Sergio Marchionne, un manager difficilmente attaccabile, gongola e gode. Ricordando le frasi pronunciate, clamorosamente, il 7 settembre 2014 a margine del Forum Ambrosetti di Cernobbio. «I risultati economici sono molto buoni ma nel caso della Ferrari un manager deve essere valutato anche per i risultati sportivi: sono sei anni che non vinciamo… La parte essenziale di ciò che facciamo nei mercati è rappresentare una Ferrari vincente in Formula 1. Questo è un punto che non è negoziabile».
Un attacco durissimo a Luca Cordero di Montezemolo,
pochi giorni prima delle sue dimissioni dal vertice Ferrari (10 settembre), la cui carica venne rilevata da Marchionne il 13 ottobre 2014. È probabile che quelle frasi avessero soprattutto lo scopo di accelerare l’avvicendamento di Montezemolo per ragioni più complesse rispetto al bilancio agonistico. Di certo, restano e tornano in circolo ora come un rimprovero, al cospetto delle difficoltà che incontra la «sua» Ferrari nel tentativo di cambiare segno, finalmente, rispetto a un passato prossimo che rischia di diventare remoto. Ultimo titolo mondiale conquistato: 2007. Kimi Räikkönen. Non solo: proprio Marchionne si era sbilanciato alla vigilia del primo appuntamento 2016, in Australia, annunciando un esordio vincente, sbandierando una fiducia che i fatti sinora smentiscono.
Questo, piuttosto, appare ora come un errore tattico evitabile, non si sa se connesso a una sottovalutazione dell’avversario principale o a una sopravalutazione delle proprie risorse tecniche. La Mercedes aveva chiuso la stagione precedente