Jeremy Corbyn
e i conservatori sono allo sbando, i laburisti non se la cavano meglio. L’uragano Brexit sembra aver fatto emergere le fragilità politiche di tutti in Gran Bretagna. E Jeremy Corbyn è senza dubbio uno dei politici che sta pagando il prezzo più alto. Il 28 giugno il suo gruppo parlamentare (172 voti contro 40) gli ha votato una mozione di sfiducia che tuttavia, non essendo vincolante, non l’ha costretto a dimettersi. Del resto, era prevedibile.
Leader per caso, eletto a sorpresa con grandi riserve da parte dei laburisti moderati, Jeremy non ha mai goduto del sostegno di tutto il partito. Spesso le sue prese di posizione non sono piaciute o sono risultate troppo poco incisive per la maggior forza politica d’opposizione. Il referendum gli ha dato il colpo di grazia mettendolo in difficoltà fin dall’inizio. Le sue antiche opinioni euroscettiche sono sempre state note a tutti. Non ha dunque sorpreso se il leader laburista ha trovato particolarmente ostico doversi schierare insieme al governo Cameron con Remain. Le sue dichiarazioni pubbliche sui vantaggi che il Paese avrebbe tratto dal rimanere in Europa sono state inconcludenti e tardive. Soprattutto, era evidente che il primo a non crederci era proprio lui. Nel giorno del voto aveva risposto ai giornalisti che «confidava che la gente avrebbe fatto la scelta giusta votando Remain», ma alla Bbc aveva dichiarato che esistevano dei lati positivi sia nel rimanere nell’Unione sia nel lasciarla.
Non sorprende quindi più di tanto se il giorno dopo la sconfitta di Remain, Chrys Bryant, uno dei ministri ombra dimessosi per protesta contro l’atteggiamento del suo leader, ha insinuato perfino che Corbyn possa aver votato per Leave. Accusato di non aver saputo convogliare abbastanza voti nella giusta direzione, Jeremy è stato messo alle corde e in questi giorni ha dovuto affrontare una rivolta senza precedenti. Due terzi del suo governo hanno dato le dimissioni chiedendo a gran voce la testa di Corbyn senza peraltro ottenerla, almeno finora. Testardo come è sempre stato, ha subito nominato una decina di nuovi ministri e insiste nel voler rimanere al suo posto. Persino il suo vice, Tom Watson, gli ha suggerito di farsi da parte. Secondo le indiscrezioni dei media, l’incontro tra i due sarebbe stato civile, ma serrato. Watson avrebbe consigliato a Corbyn di mollare la presa finché era in tempo, altrimenti una sanguinosa corsa per la leadership sarebbe stata inevitabile. «Ormai non hai più autorità sul tuo gruppo parlamentare» avrebbe detto Watson a Corbyn.
Il leader laburista, in Parlamento, ha pubblicamente accusato