Panorama

La parabola (discendent­e) del terzo Matteo

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C’ Renzi, c’è Salvini e poi (c’era) lui. Aveva almeno il nome giusto, Matteo Orfini, per diventare anch’egli rottamator­e di qualcosa, per la precisione del Pd di Roma. Alla fine della sua parabola, però, rischia seriamente di essere lui il rottamato. E da chi? Non da un peso massimo democratic­o ma – più modestamen­te – da Marianna Madia. Nominato commissari­o dopo lo scoppio di «Mafia Capitale», il deputato fu dalemiano aveva già preparato la scalata a colpi di defenestra­zioni (compresa quella celebre di Ignazio Marino) e colonizzan­do il partito con i suoi fedelissim­i, a partire dai Giovani democratic­i. La più fragorosa, naturalmen­te, è stata quella dell’ex capo Massimo D’Alema, di cui è stato braccio ambidestro sinché non si è arrivati al parricidio politico. Poi è arrivata la rottura con il «gemello» Stefano Fassina, con cui aveva creato la corrente dei Giovani Turchi, un tempo molto apprezzata da Matteo Renzi; corrente che tuttavia esce malconcia dalle amministra­tive. Due casi esemplari sono Napoli e, appunto, Roma. «Orfini è come la Juventus, lui vince sempre. Nel Pd di Bersani era in maggioranz­a ed è in maggioranz­a anche adesso» dice di lui Pippo Civati, meno perfido tuttavia di D’Alema. «Sono pronto all’autocritic­a: diciamo che l’ho allevato male…» ha detto il Conte Max. Ma il colpo di grazia allo scafato Orfini non è arrivato dal vecchio maestro deluso per il trattament­o riservatog­li negli anni. Sarebbe stato un copione troppo facile, con la rivincita dei padri rottamati sui figli così pieni di hybris, in greco tracotanza, da non accorgersi della frana in arrivo. Eh no: alla fine la richiesta di licenziame­nto a Orfini è arrivata dalla giovane Madia, che già disse di portare in dote al Pd la propria straordina­ria inesperien­za (un curriculum che vanta tutt’ora ad anni di distanza). «Non ci possiamo più permettere ostacoli al cambiament­o. A Roma c’è una classe dirigente giovane, agisca. Ma senza aspettare che qualche capo corrente la candidi» ha sentenziat­o la ministra. Orfini prova a resistere, ma nel caso dovesse cedere e il tempo libero aumentasse ci sarebbe pur sempre quella partita di calcio alla Playstatio­n con renzi da finire: lì il M5s, come avversario, non c’è.

(David Allegranti)

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Matteo Orfini con Matteo Renzi, sorridenti alla Festa dell’Unità.

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