Critiche interessate al Canale di Panama
L’opera ingegneristica non convince gli americani. Che però avevano perso la gara d’appalto contro gli italiani.
Settimane di attesa frenetica, 70 capi di Stato invitati, oltre 20 mila spettatori in delirio... Le celebrazioni per l’allargamento del Canale di Panama, inaugurato domenica 26 giugno, hanno coinvolto mezzo mondo. Panamax rappresenta l’opera d’ingegneristica civile più grande di questo secolo. E parte del merito è dell’Italia, grazie alla partecipazione della Salini-Impregilo nel consorzio Sacyr che nel 2009 si aggiudicò i lavori. Eppure, dietro i tanti encomi, c’è chi insinua non pochi dubbi.
Come ha evidenziato un’inchiesta di nove giornalisti investigativi del New York Times, «la scommessa è rischiosa» perché «molte sono le pecche» del progetto. Dalla dubbia sostenibilità economica (3,1 miliardi di dollari iniziali per l’appalto, anche se i costi poi sono lievitati a 5,2 miliardi, con annessi ricorsi a tribunali e due anni di ritardi) al cemento armato utilizzato («basalto di bassa qualità» sempre secondo il NYT), passando per rimorchiatori non troppo sicuri e per l’eccessivo consumo d’acqua, fino all’accusa di non essere «pronto» a un terremoto di otto gradi della scala Richter, pur essendo «quella di Panama una zona sismica come quella di San Francisco».
Inoltre con il rallentamento dell’economia cinese può diminuire il traffico dei grandi cargo. Mentre le rotte alternative sono destinate ad aumentare: dal porto cubano di Mariel appena ampliato (che oltre a diventare il principale snodo merci dei Caraibi potrà fornire, via ferrovia dalla Florida, anche la West Coast statunitense), al Canale del Nicaragua, una mega-opera cinese da 40 miliardi di dollari, destinata a fare concorrenza a Panama ma che comunque deve ancora uscire dalla fase di progettazione.
Tuttavia è doveroso osservare come una delle fonti privilegiate del NYT sia Paul Gibbs, dirigente della Bechtel, la più grande società di edilizia e ingegneria degli Stati Uniti ma, soprattutto, la multinazionale a cui il consorzio a guida italiana «soffiò» a sorpresa l’appalto per l’allargamento, sette anni fa. Del resto, Panama è sempre stata un «giardino di casa» degli Usa sin dai tempi della costruzione del primo Canale, oltre 100 anni fa. Dunque, il disappunto di Washington è comprensibile. Ultimo dato non trascurabile: le 16 paratie usate per allargare il Canale sono state costruite dall’azienda Cimolai di San Giorgio di Nogaro (Udine). Pesando 4.500 tonnellate l’una, sono ben più grandi di quelle utilizzate per il Mose che, invece, ha preferito appaltare le sue a Spalato, in Croazia. ( Paolo Manzo - da San Paolo)