Queste Fondazioni sono da rifondare
Perché a Torino il neo-sindaco Chiara Appendino vuole mettere le mani sulla Compagnia di San Paolo e sulla Crt.
Quando in quel gelido 25 gennaio 1563 sette cittadini torinesi fondarono la Compagnia della fede cattolica sotto l’egida di San Paolo, per realizzare opere di misericordia e battere i luterani, non pensavano certo che i loro successori quattro secoli e mezzo dopo avrebbero dovuto resistere a ben altri riformatori. L’originaria confraternita aveva creato anche un Monte di pietà il quale è poi diventato una banca, e che banca: Intesa-Sanpaolo, di cui la compagnia è azionista numero uno con il 9 per cento.
Il 19 giugno i nuovi riformatori, protestatari più che protestanti, hanno conquistato il Comune con Chiara Appendino, giovane di rispettata famiglia (il padre imprenditore è il braccio destro di Gianfranco Carbonato, presidente della Confindustria piemontese) e specchiata preparazione (la Bocconi niente meno). Come prima mossa, quasi a segnare la cifra del proprio quinquennio, ha chiesto la testa del presidente della Compagnia, il professor Francesco Profumo, già rettore del Politecnico, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e ministro dell’Istruzio dell’Istruzione nel governo Monti.
Giuseppe Guzzetti, gran maestro de delle fondazioni bancarie, presidente della CaC riplo e dell’Acri, ha messo subito le ma mani avanti: «A Torino si sono rispettate le regole, le leggi, gli statuti, i regolame regolamenti? Se sì, allora bisogna chiedersi se la richiesta di dimissioni è giusta o meno». Profumo, che non intendeinten lasciare, ha colto la palla al balz balzo: «Non me ne vado, rispondo so solo al consiglio». La Compagnia ha risposto piccata anche all’accusa di aver accantonato 400 mila euro per aumentare gli emolumenti: servono «ad attivare organi tecnici quali comitati scientifici, formati da esperti (e previsti dallo Statuto), per contribuire a definire le linee programmatiche del prossimo quadriennio».
Forse la forma è poco ortodossa e il momento inopportuno, tuttavia il sindaco Appendino ha voce in capitolo. Non solo perché Profumo era stato nominato in zona Cesarini dal suo predecessore Piero Fassino (arciconvinto di ottenere la conferma), ma perché tra i 17 membri del consiglio generale due spettano al Comune, e uno di essi è il presidente, per tradizione anche se non per regola scritta. Altri due vengono dal Comune di Genova e poi uno ciascuno da una serie di istituzioni pubbliche e private (Regioni, Camere di commercio, accademie delle scienze, il Comitato per le pari opportunità).
Pur essendo ben più vecchia e nascendo come soggetto privato, la Compagnia ha seguito il destino delle fondazioni di origine bancaria. Tra queste c’è la Fondazione Cassa di risparmio di Torino che possiede il 2,5 per cento di Unicredit, l’unica banca italiana considerata dalla Bce di rilievo sistemico, al vertice della quale esprime un vicepresidente come Fabrizio Palenzona.
Chiara Appendino, dunque, sarebbe in grado di condizionare le due maggiori banche italiane? Se poi deve riportare ogni decisione al «comitato strategico» della Casaleggio e associati, ne consegue che un soggetto privato, senza sborsare un centesimo e utilizzando un pubblico ufficiale, può influenzare masse di risparmio ingenti: Unicredit ha un attivo di oltre 800 miliardi di