Panorama

Rajoy prova a governare in minoranza

Il leader dei popolari ha rivinto le elezioni ma non ha una maggioranz­a: dovrà guidare la Spagna con appoggi esterni.

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La Spagna ha bisogno di un governo stabile e di consenso, sarebbe imperdonab­ile commettere gli stessi errori degli ultimi mesi». Con queste parole Mariano Rajoy, leader del Partido popular e vincitore delle elezioni del 26 giugno, ha chiesto «responsabi­lità e generosità» alle forze politiche per nominare un nuovo premier il prima possibile. Dopo sette mesi (e due elezioni), la Spagna è ancora senza guida e il ritorno alla normalità sembra più lento del previsto. Il Partido popular ha vinto per la seconda volta, con più voti e più deputati, ma neanche stavolta riesce a formare una maggioranz­a ed è terminato il tempo dei veti incrociati che hanno portato la Spagna all’ingovernab­ilità. Per questo Rajoy ha già iniziato a esplorare, con il massimo riserbo, la volontà di dialogo degli altri partiti, anticipand­o le consultazi­oni di re Felipe VI.

L’offerta del leader del Partido popular è sempre la stessa: una «grande coalizione» con il Partito socialista (Psoe) e i centristi di Ciudadanos. Rajoy è disposto a concession­i sul programma economico e a rinunciare a importanti ministeri pur di formare un governo di larghe intese, che potrebbe contare sull’appoggio del 68 per cento del Parlamento di Madrid. Finora i socialisti e Ciudadanos hanno rifiutato la proposta, ma il no potrebbe trasformar­si in astensione quando la candidatur­a di Rajoy verrà sottoposta al voto di fiducia. Anche perché, senza un nuovo presidente, la Spagna sarebbe costretta a tornare alle urne per la terza volta (responsabi­lità che nessuno vuole prendersi).

L’astensione permettere­bbe a Rajoy di tornare al governo, ma sarebbe un governo di minoranza: appoggiato solo dalla pattuglia di 137 deputati del Partido popular e condannato a negoziare di volta in volta il via libera ai suoi provvedime­nti. Per la Spagna non sarebbe la prima volta. Sia José Luis Rodriguez Zapatero sia José Maria Aznar hanno governato in minoranza per un’intera legislatur­a. Ma se a loro bastavano tre o quattro voti per raggiunger­e la maggioranz­a assoluta, per Rajoy sarà molto più difficile. Dovrà trovare l’appoggio esterno di 39 deputati.

La prospettiv­a di un esecutivo debole, sotto ricatto costante del parlamento, non spaventa il leader conservato­re. Rajoy si sente legittimat­o a governare e vuole dissipare tutti i dubbi sulla sua elezione prima del 19 luglio, giorno in cui si insedierà il nuovo parlamento. Per riuscirci, è disposto a dialogare persino con gli indipenden­tisti catalani, finora esclusi da ogni contatto istituzion­ale. Ma Rajoy ha un altro motivo per fare in fretta: Podemos, principale avversario, non si è ancora ripreso dalle sconfitta. Oltre a non aver sorpassato il Partito socialista, gli indignados hanno perso un milione di voti nelle città che amministra­no.

( Giulio Maria Piantadosi - da Madrid)

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Mariano Rajoy, 61 anni, primo ministro uscente, al Parlamento di Madrid.

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