«Ad Assad non interessa battere il Califfo»
Parla Mohammed Alloush, leader politico di una milizia siriana in prima fila contro Damasco e contro lo Stato islamico.
Mohammed Alloush arriva a Roma dalla Ghouta, la piana fertile della regione di Damasco, dove ha appena celebrato con la sua famiglia la «eid al-fitr», la festa che segna la fine del mese di Ramadan. La concessione di un visto europeo è incerto fino al suo atterraggio nella capitale, ma alla fine riesce a raggiungere la delegazione dell’opposizione siriana. Rappresentante politico di Jaysh al-Islam (l’esercito dell’Islam), milizia che in Siria combatte su più fronti, è stato impegnato nei faticosi tavoli Onu di Ginevra in cui si cerca una soluzione politica. Ma Alloush è prima di tutto un uomo che conosce la realtà dei combattimenti sul terreno contro l’Isis (che lui, come tutti gli arabi, chiama Daesh). In Siria si combattono guerre dentro altre guerre. Qual è la posizione di Jaysh al-Islam e chi sono i vostri nemici? Il regime di Bashar al Assad in primo luogo e i loro alleati russi e iraniani. E poi lo Stato islamico, contro cui abbiamo combattuto in prima linea nella regione di Damasco e a Qalamun. Nonostante ciò, Jaysh al-Islam è stato tacciato di ambiguità in Occidente verso Daesh. Bizzarro. Noi abbiamo condannato le pratiche brutali con cui Daesh uccide chi non si piega al loro dominio, ma soprattutto abbiamo combattuto contro di loro. Ci sono altri gruppi che non li fronteggiano perché sono musulmani. Jaysh al-Islam invece, oltre a essere minacciato da Daesh, ne ha fermato l’avanzata. Sono altri i gruppi ambigui con Daesh, a partire dal regime di Assad, che è il primo compratore di petrolio dal Califfato e quindi, se la logica non mi inganna, anche il suo primo finanziatore. L’economia di Daesh è prima di tutto basata sul petrolio. Qual è la differenza tra Jaysh al-Islam e Daesh? Beh, sono qui a parlare con lei. Daesh non le riserverebbe la stessa disponibilità. Ma più seriamente, Daesh è fatto di stranieri (molti sono europei) che non sanno neppure che cosa sia la sharia. Hanno molto coraggio perché sono pronti a farsi esplodere. Che cosa può far loro paura a questo punto? Oltre alla strategia militare, noi perseguiamo una strategia culturale: spieghiamo ai nostri uomini che cos’è l’Islam, ovvero che non ci si deve far esplodere e che non si deve uccidere in modo brutale i nemici. Per Daesh noi siamo degli apostati, nella loro visione più pericolosi degli infedeli. Per questo è ridicolo equipararci a Daesh. Pensa che il regime possa sconfiggere militarmente Daesh? Prima di tutto non ha interesse a farlo, perché l’esistenza di Daesh rende il regime simpatico all’Occidente. Daesh e il regime si alimentano a vicenda. Poi la Russia, l’Iran e Hezbollah creano l’illusione che il regime sia forte e unito. Ma l’esercito siriano è debole e ormai conta sempre di più su milizie paramilitari, frammentate e spesso rivali tra loro. È naif pensare che questo regime possa riportare un giorno l’ordine militare, per non parlare di quello morale. La legittimità morale è importante, quanto quella strategica: questo è lo stesso regime che ci ha oppresso per 50 anni.
(Marina Calculli)