L’obiettivo dell’Isis di Sirte: «Presto saremo a Roma»
Nella lunghissima battaglia per la riconquista della città libica, vengono scoperti piani, bersagli e contatti dei terroristi. Molti portano in Italia. E alcuni jihadisti si sono mischiati ai profughi sui barconi.
Moez Fezzani, 47 anni, il terrorista tunisino ricercato dall’Italia (e dalle autorità libiche). Sarebbe ancora a Sirte. L’altra foto segnaletica di Nouruddine Chouchane, 36 anni, anch’egli terrorista dell’Isis e uno delle menti della strage al museo il Bardo, a Tunisi, il 18 marzo 2015. «
Combattiamo in Libia, ma i nostri occhi sono puntati su Roma» firmato Stato islamico. L’inquietante scritta è riportata su un cartello trovato fra le macerie degli aspri combattimenti nei quartieri centrali di Sirte liberati dalle bandiere nere dell’Isis negli ultimi dieci giorni. «Secondo le nostre informazioni, uno dei capi tunisini delle sacche di resistenza islamica si chiama Moez Fezzani. Potrebbe essere lo stesso terrorista collegato all’Italia» dice il colonnello Ismail Shoukri, comandante dell’intelligence libica a Misurata. Fezzani, 47 anni, veterano della guerra santa catturato dagli americani in Afghanistan, ha vissuto a lungo a Milano. Incarcerato per terrorismo, poi assolto in primo grado e subito espulso (nel 2012), è stato condannato in secondo grado a sei anni di carcere per terrorismo, quando però stava già combattendo in Siria.
La caduta di Sirte, «capitale» del Califfo in Libia, appare imminente, ma non sarà la fine della minaccia islamica, soprattutto per l’Occidente. Gruppi di jihadisti sono fuggiti dall’assedio e hanno lanciato attacchi con auto minate alla periferia di Sirte partendo probabilmente da Beni Walid, una ex roccaforte del colonnello Gheddafi. Cellule jihadiste inoltre sono attive nelle grandi città libiche. I transfughi di Sirte sono scappati nel sud desertico lungo le rotte del traffico di armi e migranti utilizzato dalle bandiere nere per far arrivare i loro volontari dall’Africa equatoriale.
«Abbiamo trovato nelle zone liberate di Sirte mappe e piani di espansione di Daesh ( lo Stato islamico in arabo nda) nel Nord Africa, addirittura negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei» rivela Shoukri. «Le mire su Roma sono cominciate nel febbraio 2015, quando in un video i terroristi minacciavano l’Italia sgozzando dei cristiani egiziani sulla costa libica del Mediterraneo».
Fezzani era stato sicuramente segnalato in marzo a Sirte, dopo essere fuggito dal bombardamento americano di Sabrata, in Tripolitania, dove la base delle bandiere nere è stata travolta dalle milizie locali. A quel raid sarebbe miracolosamente sopravissuto Nouruddine Chouchane, il giovane emiro tunisino allievo di Fezzani, che ha fatto il muratore a Novara. In patria è ricercato per la strage del museo del Bardo a Tunisi del 18 marzo 2015, dove sono stati uccisi 21 turisti, compresi quattro italiani.
Fra i combattenti libici che stanno debellando le bandiere nere a Sirte, circola la voce che Chouchane possa esser stato ucciso verso metà agosto nei combattimenti che hanno fatto cadere il centro congressi Ouagadougou, posto di comando dell’Isis. Documenti che lo riguardano sarebbero stati portati via dall’intelligence italiana, ma su questo non ci sono prove (né lo confermano ufficialmente le autorità libiche).
Susyan Abdulla, ufficiale della katiba (reparto) «Martiri di Sirte», sostiene invece di aver trovato «una lista di nomi di tunisini dello Stato islamico, ma anche gente proveniente dal Mali e dal Niger». Per ogni volontario della guerra santa era descritto il tragitto dal paese di origine alla Libia. «Accanto ai nomi di sette tunisini, era anche scritto che sono poi proseguiti per l’Italia sui barconi, spacciandosi per migranti» rivela Abdulla. La lista è stata consegnata all’intelligence libica.
Le mire minacciose sull’Italia sono confermate anche da Mustafa al Shebani, comandante della terza brigata sul fronte ovest di Sirte. «Sul telefonino di uno dei terroristi eliminati in battaglia» rivela «abbiamo trovato un sms a un cellulare libico che diceva testualmente: «Presto saremo a Roma». Non solo. Sulla parete sbrecciata da una cannonata di un ufficio dello