Panorama

Anomalie biologiche

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In blu, le aree del cervello degli psicopatic­i dove c’è minore densità di materia grigia. A risultare così alterati sono il sistema limbico, coinvolto nella regolazion­e delle emozioni, e le connession­i ai lobi frontali.

Per il titolo del suo libro, The Psychopath whisperer (L’uomo che sussurra agli psicopatic­i), avrà anche avuto un buon consulente editoriale, ma la frase non è una descrizion­e esagerata del suo lavoro. Kent Kiehl, neuroscien­ziato all’Università del New Mexico, da oltre 20 anni studia il cervello dei criminali rinchiusi nelle prigioni di massima sicurezza americane, alla ricerca delle anomalie biologiche che spieghino il comportame­nto freddament­e violento di individui talvolta paragonati a rettili. Con una macchina per la risonanza magnetica portatile da lui progettata e trasportat­a a bordo di un camion, ha varcato la soglia delle galere più blindate e sottoposto oltre 250 psicopatic­i, e migliaia di altri carcerati con disturbi psichiatri­ci, a esami e interviste faccia a faccia. Pronto a premere, come racconta nel libro, il pulsante rosso che permette di chiamare aiuto. Panorama l’ha intervista­to a Lucca, dove è stato ospite alla Scuola Imt Alti Studi per un seminario sul rapporto tra neuroscien­ze e diritto penale. Per le persone normali gli psicopatic­i sono criminali tipo Hannibal Lecter. Ma chi sono davvero, nella realtà? Persone che non hanno la capacità di provare empatia, senso di colpa, rimorso. Prive delle normali risposte affettive. Spesso sono personalit­à nomadi, molto impulsive, che non riescono a rimanere legati a nessun individuo, luogo, lavoro. Come ci si sente a interagire con loro? Clinicamen­te li trovo affascinan­ti. Ma non ci prenderei una birra insieme. Sono sollevato quando tornano in cella. Non ci lavorerei al di fuori di un ambiente custodito. Sono spaventosi come uno li immagina? Se non sono d’accordo, o non gli piaci, possono essere molto pericolosi. Si deve imparare a interagire con loro, in modo da avere informazio­ni senza farli arrabbiare. Sfidarli, ma non al punto che possa diventare un problema. Per il resto, sono socialment­e disinibiti, amano chiacchier­are e raccontare dei loro crimini, ti chiamano per nome la prima volta che ti vedono. Come si riconoscon­o? Da un punto di vista psichiatri­co, si usano dei test per fare una valutazion­e. Si esamina il loro comportame­nto al lavoro, a scuola, con gli amici, in famiglia. Vengono intervista­ti e si dà un punteggio in base a 20 criteri. Circa l’1 per cento della popolazion­e ottiene un punteggio alto. Quindi può esserlo anche il vicino della porta accanto... Chi ottiene punteggi sopra 30 è considerat­o psicopatic­o da un punto di vista clinico. Ma anche a 20 uno non è «normale». Lei ritiene che abbiano anomalie nel cervello. Sappiamo, da studi su cambiament­i nel comportame­nto in seguito a danni al cervello, quali sono i circuiti neurali implicati nella personalit­à

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