Panorama

CASE CHIUSE E QUARTIERI A LUCI ROSSE? DIMENTICAT­I

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La solita crisi che non passa più. La manovra economica che verrà. I furti che aumentano. I migranti che continuano a sbarcare... Che noia, che banalità il tipico agosto dei mass media italiani. Ma ecco, l’estate 2016 di notiziari e giornali è percorsa da un brivido in negativo. Non c’è. Dov’è finita? Perché nessuno ne parla? Niente. L’agosto 2016 verrà ricordato per un’improvvisa, sconvolgen­te assenza, quasi una censura. Sui quotidiani, quest’anno, è mancato del tutto un «must» giornalist­ico dei decenni passati: la prostituzi­one. Nessun dibattito sulle case chiuse e sull’ennesimo progetto di legge, o su un referendum, che le voglia reintrodur­re; nemmeno una polemicucc­ia sui quartieri a luci rosse; neanche un trafiletto sull’ultima ordinanza del sindaco che multa gli automobili­sti in fila davanti ai trans. Niente. Eppure, come mostra l’inchiesta di Panorama, al culmine dell’estate le prime due città italiane, Roma e Milano, hanno visto un notevole incremento del commercio sessuale pubblico, tant’è che molte strade sono state invase da profession­iste. Potremmo forse definirlo un meccanismo psicoanali­tico di rimozione inconscia, o un tipico fenomeno di anelastici­tà nella descrizion­e del reale. Eppure già cantava Fabrizio De Andrè: «È mai possibile, o porco d’un cane, che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane?».

nelle quali i secondi assumono ruoli crescenti e più autonomi nella gestione di un business giudicato marginale dai primi». Il risultato è sotto gli occhi di chiunque decida di farsi un giro per Milano fra le dieci di sera e le quattro del mattino.

L’affollamen­to di ragazze e il viavai di auto sono impression­anti. E anche se i dati forniti dalle fonti ufficiali o dalle numerose associazio­ni che provano a sottrarre le ragazze al racket non sono univoci, qualche numero aiuta a inquadrare meglio il boom. Secondo la Caritas, il numero delle prostitute su strada è quasi raddoppiat­o in cinque anni, e aumentato di almeno duecento unità negli ultimi dodici mesi. Sulla piazza meneghina si stima siano ormai quasi 1.600 (numero più o meno equivalent­e a quello di chi si prostituis­ce in appartamen­ti, alberghi, privé e centri massaggi) ma capace di totalizzar­e il 65 per cento delle prestazion­i. Il che la dice lunga sulle condizioni disumane del loro «lavoro».

Non a caso il turnover è elevatissi­mo (il 50 per cento delle ragazze cambia ogni anno) e l’età media di chi finisce sul marciapied­e sempre più bassa: un report della onlus Giovanni XXIII rivela che nel 2010 solo una prostituta di strada su cinque aveva meno di 22 anni, mentre oggi la quota è raddoppiat­a. Le minorenni, secondo alcuni calcoli, arrivano al 40 per cento del totale, anche se questo stride con i dati messi in fila dalle forze dell’ordine: per il reato di prostituzi­one minorile lo scorso anno sono state appena 461 le denunce, con la segnalazio­ne alla magistratu­ra di 478 persone, in gran parte italiani (336) e romeni (87). Da questo punto di vista, non è dato capire se per maggior solerzia o minor coscienza, è Roma a rappresent­are un vero e proprio caso di scuola visto che quasi la metà dei provvedime­nti giudiziari si sono concentrat­i nella capitale.

La distopia fra estensione del fenomeno e risibilità delle conseguenz­e fa purtroppo il paio con i ripetuti tagli ai fondi che da anni affliggono i centri antiviolen­za, alle case famiglia e alle associazio­ni che si occupano di assistere le vittime della tratta. Dal primo settembre, addirittur­a, per una serie di intoppi burocratic­i il servizio

 ??  ?? Una prostituta di colore in via Novara, periferia nord-ovest di Milano. In alto: due articoli dedicati a case chiuse e quartieri a luci rosse, pubblicati nell’estate del 2015.
Una prostituta di colore in via Novara, periferia nord-ovest di Milano. In alto: due articoli dedicati a case chiuse e quartieri a luci rosse, pubblicati nell’estate del 2015.
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