Panorama

IN ITALIA SOLO POLEMICHE DA 10 ANNI

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Statistich­e ufficiali non ne esistono. Si stima che dall’Italia partano in 200 l’anno, e che quelli che non tornano siano una cinquantin­a. Vanno in Svizzera, l’unico Stato europeo che dal 1942 ammette alla pratica anche i cittadini di altri Paesi, perché anche da noi la morte assistita è vietata: il nostro Codice penale prevede che l’aiuto al suicidio, al pari dell’istigazion­e, sia punito con la reclusione da 5 a 12 anni, che salgono a 16 se si tratta di minori. In Italia, del resto, si discute di eutanasia da oltre un decennio: dai tempi di Piergiorgi­o Welby, il poeta-pittore militante radicale che, gravemente ammalato, morì nel dicembre 2006 dopo un lungo (e inutile) impegno per il riconoscim­ento legale del diritto al rifiuto dell’accaniment­o terapeutic­o. Un altro caso che ancora oggi divide le coscienze è stato quello di Eluana Englaro, la giovane lombarda costretta allo stato vegetativo per 17 anni e morta per interruzio­ne della nutrizione artificial­e nel febbraio 2009. Nel gennaio 2016 Marco Cappato, militante radicale, si è autodenunc­iato a Roma per avere aiutato una malata di cancro a ottenere il suicidio assistito in Svizzera («Non ne ho più saputo nulla» dice). Ma la polemica è sempre nell’aria: a metà settembre è bastata la notizia del suicidio somministr­ato in Belgio al 17enne malato terminale per scatenare la solita rissa di pareri opposti. Lo scorso 3 marzo le due commission­i Affari sociali e Giustizia della Camera si sono riunite per esaminare le proposte di legge in materia, depositate negli ultimi due anni. Ce n’è una d’iniziativa popolare, sottoscrit­ta da centomila cittadini. Una della deputata Marisa Nicchi, di Sinistra italiana. E una del Movimento 5 stelle, siglata da Eleonora Bechis. Da allora, però, tutto è fermo. ( M.T.)

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