Panorama

SCOMPARSI

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super protetta a due passi dall’aeroporto Mittiga di Tripoli. Gli agenti speciali al comando di Abdul Raoul Qara sono tutti islamici duri e puri, che però odiano i seguaci delle bandiere nere. Qara è stato uno dei primi a schierarsi con il nuovo governo di unità nazionale di Fayez al Serraj voluto dall’Onu e appoggiato da Roma.

«Abbiamo tutte le informazio­ni sul rapimento dei quattro tecnici italiani tenuti in ostaggio a Sabrata per otto mesi grazie all’interrogat­orio di due sorelle e di alcuni tunisini dell’Isis coinvolti nel sequestro. I corpi dei complici, che sono rimasti uccisi e abbiamo identifica­to, li teniamo nelle celle frigorifer­e» spiega il portavoce Ben Salem.

Tutto è iniziato con l’arresto delle donne, chiave di questa storia: Rahma Chikhaoui, 17 anni, e sua sorella Ghofran, 18, ambedue fuggite da un sobborgo povero di Tunisi per inseguire l’avventura della guerra santa e dell’amore in Libia. Rahma ha sposato Noureddine Chouchane, un capetto tunisino dello Stato islamico che gli americani pensavano di aver ucciso nel raid aereo del 19 febbraio sulla sua base a Sabrata.

Il giovane emiro aveva vissuto a lungo in Italia facendo il muratore a Novara. Il suo passaporto ritrovato a Sabrata era stato rilasciato dal consolato tunisino di Genova. «Non siamo certi che sia morto» spiega Ben Salem «ma sua moglie l’abbiamo presa quando sono iniziati i combattime­nti per cacciare l’Isis da Sabrata dopo il raid Usa. Rahma si trovava vicino al luogo dove sono stati abbandonat­i i due ostaggi italiani sopravissu­ti».

I quattro connaziona­li sono stati traditi dal loro autista, Yahia Yusef, che era andato a prenderli in Tunisia per portarli in Libia, ma aveva un cugino fra le fila dello Stato islamico. «Il capo dei sequestrat­ori era Kamal Al Deib, tunisino dell’Isis collegato a Chouchane» racconta il portavoce della polizia speciale di Tripoli. «A Sabrata vivevano assieme e facevano parte della stessa cellula giunta dalla Tunisia. L’ha confermato Rahma, la moglie del terrorista che ha vissuto in Italia».

Il nostro governo ha sempre negato un ruolo delle bandiere nere nel sequestro. E Ben Salem aggiunge: «Nessuno dal vostro Paese ci ha contattato per le indagini, ma siamo pronti a collaborar­e, se venisse richiesto, fornendo le informazio­ni in nostro possesso sul sequestro». Al Deib e il fratello Ayub, pure lui coinvolto nel rapimento, sono rimasti uccisi negli scontri di Sabrata. Il raid aereo americano, avallato dal governo italiano, come ha rivelato il presidente del Consiglio Mat- teo Renzi, ha scatenato la battaglia delle milizie fedeli a Tripoli contro le bandiere nere. Stessa sorte per un altro carceriere degli italiani morto negli scontri, Abdelmonêm Amami, l’emiro di Novara, cognato di Chouchane dopo aver sposato Ghofran Chikhaoui, che si faceva fotografar­e con velo e kalashniko­v.

«Sua moglie è l’unica sopravviss­uta, in nostro custodia, dello scontro a fuoco durante il quale sono morti gli altri due ostaggi italiani. Era nel piccolo convoglio che stava portando via i vostri connaziona­li da Sabrata» spiega Ben Salem.

Failla e Piano vengono portati via nella fuga degli ultimi seguaci del Califfo nel deserto. I miliziani di Sabrata li intercetta­no e aprono il fuoco il 2 marzo. La perizia di parte sul corpo di Failla rivela che è stato maltrattat­o o torturato: «Ecchimosi al tronco e fratture costali che per sede e distribuzi­one sono compatibil­i con fenomeni di compressio­ne e schiacciam­ento della gabbia toracica e con segni di violenza operata dagli aggressori». Failla, che aveva i polsi legati, viene centrato da quattro pallottole, ma non a bordo del fuoristrad­a dei rapitori. Il medico legale Orazio Cascio sostiene che l’ostaggio sia «stato colpito dai proiettili (…) mentre era con le mani dietro la schiena e all’aperto e non all’interno di un’autovettur­a». In pratica è stata un’esecuzione.

Nel caos di Sabrata, Pollicardo e Calcagno vengono abbandonat­i per farli tornare in libertà, due giorni dopo, il 4 marzo. «Non sappiamo se l’Italia ha pagato un riscatto, ma dagli interrogat­ori risulta che era stata fatta una richiesta di 5 milioni di euro» spiega il portavoce della polizia speciale. Pollicardo, uno dei sopravissu­ti, racconta a Panorama: «Uno dei rapitori, grosso e in mimetica con il volto coperto ci ha elencato in francese ( seconda lingua per i tunisini, ndr) i casi degli ostaggi sequestrat­i in Libia, le giovani cooperanti prese in Siria per farci stare tranquilli dicendo: “Gli italiani pagano per tutti. Lo faranno anche per voi”».

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Il funerale di Salvatore Failla, il 9 marzo scorso.
 ??  ?? I due cittadini italiani che sono stati rapiti assieme a un cittadino canadese nel sud della Libia il 19 settembre: da sinistra, Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), e Danilo Calonego, 66enne della provincia di Belluno di Sedico...
I due cittadini italiani che sono stati rapiti assieme a un cittadino canadese nel sud della Libia il 19 settembre: da sinistra, Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), e Danilo Calonego, 66enne della provincia di Belluno di Sedico...

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