Cesaro: «Non ero impresentabile»
Parla il deputato dipinto come un camorrista. Un giudice stabilisce che il fatto non sussiste ma i giornali lo ignorano.
Limitiamoci ai casi più clamorosi di questo settembre: archiviato Stefano Graziano, ex presidente del Pd campano; assolto in Cassazione il governatore Vincenzo De Luca; il 2 settembre cancellate, inoltre, le accuse all’onorevole Luigi Cesaro, Forza Italia, indicato nel luglio 2014 dai magistrati come meritevole di essere arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, turbativa d’asta e favoreggiamento alla camorra. Archiviato il 2 settembre scorso: ops, pardon, non era vero niente. Questo, dopo anni di gogna con titoloni in cui Cesaro, per meglio farsi intendere dai lettori, veniva soprannominatto «Giggino ’a purpetta». Ma il 3 settembre la notizia dell’archiviazione è finita in una righina nascosta a pagina 32 di qualche giornale, non tutti, subito sotto gli annunci economici. Contento, onorevole Cesaro? Che devo dire? Contento, contento… Non l’arrestano più, visto? È andata un po’ per le lunghe. A qualcuno è andata peggio. E infatti condivido in pieno le parole del mio difensore, che Dio lo benedica, il professor Vincenzo Maiello. Vuole ripeterle per Panorama? «Trova così conferma che la ricostruzione giudiziaria dei fatti e delle responsabilità è affare delicato e complesso che non può cedere alle interessate semplificazioni di quanti costruiscono sulle indagini verdetti anticipati di colpevolezza». Parole nobili. E precise. Appunto: chi sarebbero, questi interessati semplificatori? Non mi permetterei. Atteggiamento cauto, ma saggio. Mi sono capitate sotto gli occhi queste righe, scritte sul suo caso da Roberto Saviano nel luglio 2014: «Oggi la Luigi Cesaro, 64 anni, deputato di Forza Italia ed ex presidente della Provincia di Napoli.
politica è diventata mero strumento nelle mani dei clan». Il dottor Saviano è pensatore al cui livello non sono in grado di pormi. E pure altre righe ha voluto aggiungere, il dottor Saviano: «In questa indagine c’è proprio tutto ciò che serve per capire fino a che punto le organizzazioni criminali hanno compromesso la nostra democrazia: appalti truccati, elezioni pilotate, legami con la vecchia guardia camorristica. Ma c’è chi crede che raccontare sia diffamare». Una ’nticchia ( un poco, ndr) diffamato, con tutto il rispetto, io forse lo fui. Le avrà telefonato per scusarsi, adesso. Chi? Il dottor Saviano. Non ho avuto questo piacere. No, non mi pare. Magari lo fa domani. Sempre qua, io sto. Magari ha chiamato qualcuno a nome suo. No, no, le cose a quel livello le capisco pure io. Se chiamano, non mi sbaglio. L’Espresso fece articoli di fuoco, contro di lei. L’ha chiamata qualcuno? Dotto’, con quello che tengono da fare, le pare che quelli hanno il tempo di telefonare a me? Forse mantengono ancora qualche dubbio sull’inchiesta. E no, questo no eh. Come può dirlo? Senta qua: a disporre la mia archiviazione perché «non sussiste elemento alcuno», è stata la stessa Gip, Alessandra Ferrigno, che aveva richiesto alla Camera l’autorizzazione per il mio arresto. E in completo accordo con la Direzione distrettuale antimafia. Ha intravisto malafede, nella persecuzione subita? Ma quando mai? Proprio volendo, eccesso di zelo. Ecco di nuovo le parole del professor Maiello, che Dio lo benedica: «L’epilogo della vicenda ci restituisce l’immagine di una giustizia non prigioniera di pregiudizi e che si mostra all’altezza della propria funzione, nella quale il mio assistito ha sempre confidato». Magnifiche parole, oltremodo opportune. Mica ci crederà, vero? E che faccio, mo’, i capricci?
(Andrea Marcenaro)