L’amore è il suicidio della libertà?
I sentimenti incatenano le scelte individuali e la propria autonomia. Lo pensava Oriana Fallaci, di cui è in libreria il volume di inediti (Rizzoli, qui un breve estratto). Le dà ragione, ma anche torto, lo scrittore Diego De Silva, che al tema ha dedicat
PLA CONTROVERSIA ensa alla libertà individuale cioè alla libertà che cerchi nei rapporti personali, nella vita privata. Nei suoi Pensieri, Lacordaire definisce questa libertà «il diritto di fare ciò che non danneggia gli altri». Ed è giusto. Però resta il fatto che l’esercizio della propria libertà finisce sempre o quasi sempre col danneggiare o turbare o limitare la libertà degli altri. Se fumo una sigaretta dinanzi a te che non ne sopporti nemmeno l’odore, esercito la mia libertà ma danneggio o turbo o limito la tua; se mi proibisci o mi chiedi di non fumare quella sigaretta, danneggi o turbi o limiti la mia. Se stando a letto con te tengo accesa una lampada che non ti lascia dormire, esercito una mia libertà ma danneggio o turbo o limito la tua; se spengi quella lampada, eserciti una tua libertà ma danneggi o turbi o limiti la mia.
E il discorso non cambia se mi impedisco di fumare o di tenere quella lampada accesa perché voglio compiacerti, perché ti amo. Semmai dimostra che niente come l’amore incatena la libertà individuale: sia esso l’amore materno, o l’amore filiale, o l’amore per un uomo, una donna, un cane. Ama davvero qualcuno e vedrai che la tua libertà si blocca più di una nave ancorata.
L’amore è un suicidio della propria libertà. È la prova più inconfutabile che la libertà vera, la libertà pura, non esiste. E come potrebbe visto che non abbiamo neanche la libertà di scegliere se vogliamo o non vogliamo nascere, visto che ogni nostra scelta dipende da quella scelta cioè una scelta che qualcun altro ha fatto per noi? (…)
Che la piena libertà sia nella solitudine, è una realtà davanti a cui la vita ci pone fin da giovani. Bisogna invecchiare un po’ per capire se da soli si è felici. Se la libertà valga il peso (o la leggerezza, perché neanche quella è necessariamente positiva) della solitudine, o convenga rinunciare a qualche libertà in cambio di compagnia (che poi dovrebbe darci la felicità). Perché la felicità (lo impariamo con gli anni) costa. Anche quella che ti sembra piovuta dal cielo (è così che sembra, da giovani), prima o poi verrà a conteggiarti gli interessi.
Vero, come scrive Oriana Fallaci, che a ogni libertà espressa ne corrisponde una inerte e contraria. Vero pure che è nell’amore (o meglio: nella convivenza) il gioco al rialzo di negazioni reciproche trova l’habitat più isterico. Tanti sbalzi d’umore apparentemente immotivati, le liti che scoppiano sul niente, l’insoddisfazione che accompagna il quotidiano di coppie genericamente felici dipendono da questa ginnastica giornaliera di rinunce a quote di libertà di cui all’improvviso si soffre la mancanza.
Sentirsi liberi in amore, perciò, è pura utopia. Perché la verità, diciamolo, è che l’amore ha bisogno di carceri. Fuori dalla detenzione reciproca, non sa più dov’è; collassa o si perde. E il peggio (l’aspetto truffaldino dell’amore) è che nelle sue galere si sta benissimo. Essere liberi o felici è una delle alternative più ricattatorie che la vita ci offre: tant’è che non sappiamo rispondere. Così, se non siamo troppo presuntuosi, lasciamo che sia l’amore a decidere per noi, e ne seguiamo il corso, semiliberi ma risarciti dalla felicità che ci scandalizza sempre un po’, quando la sentiamo arrivare. Terapia di coppia per amanti, di Diego De Silva (Einaudi, 188 pg., 18 euro).