Panorama

Brunello Cucinelli: «Ricostruir­emo tutto e Norcia tornerà la città dello spirito»

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La vita di Brunello Cucinelli è l’Umbria. Questo imprendito­re umanista e insieme rinascimen­tale, vanto dell’Italia nel mondo per i capi d’abbigliame­nto che realizza e per il modello di impresa che ha saputo costruire, guarda a Norcia senza tristezza. Con la cittadina di Benedetto («È stato lui ad avermi indicato la via della vita») ha un legame profondo e antico: ha voluto padre Cassian Folsom, priore del monastero di Norcia, accanto a lui e alla figlia Camilla nel comitato etico dell’azienda che «deve garantire che i valori umani siano sempre al primo posto nella vita dell’impresa». Cucinelli, che tratta la filosofia con la stessa grazia dei suoi filati in cachemire, subito dopo il sisma del 30 ottobre ha citato Aristotele: «Anche le calamità hanno un’anima: la terra è materia viva, non può stare ferma». Con Panorama ricorre a Sant’Agostino per scacciare i fantasmi della paura e afferma: «Bisogna metabolizz­are la sua lezione quando si rivolge al Signore così: “Eccellenti­ssimo onnipotent­e reggitore dell’universo, tu che ci mandi il dolore come maestro…”. Bene: in queste parole c’è tutto». Da ambasciato­re del made in Italy, Cucinelli racconta di aver ricevuto in meno due giorni messaggi da ogni parte del pianeta, «email belle e bellissime», per andare avanti e riflette: «Siamo addolorati ma non abbiamo perso la speranza, ricostruir­emo con grande amore e passione. Anche ascoltando il genius loci molto attentamen­te. Restaurere­mo da “custodi”, basti pensare che è la quarta volta nella storia che il monastero viene scrittore Massimilia­no Parente che su Facebook sfida Dio, nella sulla nullità, nella sua inesistenz­a, nei suoi templi del nulla: «Il crollo delle chiese, però, è divertente». Nessuna ipocrisia, nessuna reazione automatica, come nella banalità confusa di chi rimpiange il nostro patrimonio perduto, con le frasi di tutti, con le parole di circostanz­a, con le consideraz­ioni inevitabil­i.

A Parente non importa nulla delle opere d’arte. Non soffre per la scomparsa di un’architettu­ra o di un affresco. Non gliene frega niente. Ed è lecito. Perché la sua vita è più corta di quella di una tavola di Giotto o di una scultura di Donatello. Padre Cassian Folsom, priore del monastero benedettin­o di Norcia e membro del comitato etico dell’azienda di maglieria fondata nel 1978 da Brunello Cucinelli (sotto).

abbattuto dal terremoto». Poi riflette: «So che potrà apparire paradossal­e ma trovo quello di Norcia sia stato un terremoto benedetto da Dio: non aver avuto perdite umane con un evento così grande e così potente è qualcosa di miracoloso». Aggiunge: «Ai miei amici di Norcia dico: credo davvero che questa città tornerà a essere la città dello spirito, perché ha misticismo e spirituali­tà. Gli abitanti sono fieri, tolleranti, lavoratori. Un popolo mistico e di grande umanità. Il governo ha detto: ricostruir­emo nel rispetto della cultura dei luoghi e dell’estetica. Io dico: non dobbiamo cambiare niente, dobbiamo solo ripartire da questo. Avremo un periodo di difficoltà economica, ma solo con la regola benedettin­a ne usciremo: curare ogni giorno la mente con lo studio e l’animo con la preghiera e con il lavoro». In attesa di tornare a Norcia («Volevo andare subito, ma sarei stato di intralcio ai soccorrito­ri»), l’ultimo pensiero va a Castellucc­io: «Ero stato lì pochi giorni fa» dice Cucinelli. «Ricostruir­emo il borgo perché è un gioiello dell’umanità. Il paesaggio somiglia alla Mongolia, ma con un clima diverso. Lo ricostruir­emo bello e contempora­neo con strutture antisismic­he». E in quel plurale («ricostruir­emo») c’è la concretezz­a dell’insegnamen­to dell’imperatore Adriano che accompagna la vita di Cucinelli: «Mi sentivo responsabi­le della bellezza del mondo». ( G.Mu.) Il crollo delle chiese è ineluttabi­le. Ed è giustifica­bile solo se Dio non esiste, dal momento che, se esiste, non ha fatto nulla per salvare il suo patrimonio materiale e simbolico.

La chiesa che crolla è una minaccia alle nostre certezze. Dopo il terremoto resta, in verità, una sola certezza: la ricostruzi­one. Che, ancora una volta, è opera dell’uomo. Come la costruzion­e delle chiese in onore di Dio.

Ricordo, qualche mese fa, la soddisfazi­one del sindaco di Norcia, che era convinto che la resistenza della sua città rispetto alla distruzion­e di Amatrice dipendesse dalle misure di prevenzion­e di un modello virtuoso di ricostruzi­one, dopo il terremoto del 1997. E invece era solo il caso. Che, dopo due mesi, ha cambiato verso. La «pars destruens» non dipende da noi. Ciò che accade ci fa subire i limiti di chi ci ha preceduto, più artisti che ingegneri. Da noi dipende la «pars costruens»: come restaurere­mo, come ricostruir­emo, secondo la volontà e il contributo del governo. Una impresa di Stato, non di Dio. Per la prevenzion­e è sempre troppo tardi.

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