Dirigenti statali: che pasticcio il Ruolo unico
Con il decreto preparato dalla ministra Madia si rischia di creare una Pubblica amministrazione serva dei governi.
Prendiamo un dirigente del Viminale sgradito dal governo. L’esecutivo potrebbe costringerlo a lavorare altrove, anche in un municipio lontano, sostituendolo con un collega fedele al premier o ministro di turno: ecco, anche questo rischia di produrre il «Ruolo unico» dei dirigenti della Pubblica amministrazione previsto dal decreto legislativo preparato dalla ministra Marianna Madia. Quando ci provò Franco Bassanini negli anni Novanta, il Ruolo unico venne sotterrato in un lampo. I «mandarini», anziché diminuire, aumentavano. L’esperimento costò una trentina di milioni. Ma il sequel firmato da Madia potrebbe essere anche peggio: la bocciatura del decreto da parte del Consiglio di Stato e le proteste dei dirigenti pubblici fanno riflettere. I dirigenti di prima e seconda fascia - oltre a finire in unico grande pentolone dove le competenze andranno a farsi friggere - dovranno partecipare ogni anno a cinque concorsi interni per le posizioni disponibili. E se dopo due anni ancora non saranno usciti dal limbo, potranno essere licenziati: chi non ha amici in paradiso dunque fa bene a tremare, perché a decidere chi fa che cosa sarà una commissione di valutazione ad hoc, dove (guarda caso) il governo inserirà due suoi uomini di fiducia. Andranno ad affiancare il presidente dell’Anac e il Ragioniere generale dello Stato, il capo del personale del Viminale e il segretario generale della Farnesina. In questo modo provare a piazzare i dirigenti amici sarà più facile. Il Consiglio di Stato ha spiegato che il decreto è incompatibile con la Costituzione, che garantisce l’imparzialità dell’amministratore.
Insomma, ci troviamo davanti a un pasticcio, avallato da una fedelissima di Matteo Renzi, Antonella Manzione, a capo dell’ufficio Affari legislativi di Palazzo Chigi. Un pasticcio tanto grande che perfino i Giovani turchi del Pd hanno chiesto di rinviare tutto alle calende greche. O, almeno, a dopo il referendum del 4 dicembre. (Francesco Bisozzi)