Panorama

Gay Talese

Lo scrittore (che per due volte ha votato Obama) confessa una certa allegria all’idea che abbia trionfato il tycoon: «Avevamo proprio bisogno di qualcosa che ci svegliasse». E accusa la stampa, che «non capisce più le sofferenze dei poveri».

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È un populista. Ma almeno non prenderà centinaia di migliaia di dollari da Wall Street in discorsi per la campagna elettorale come faceva Hillary. Eppure pensava che avrebbe vinto lei. Sbagliavo. Sopravvalu­tavo il potere della stampa. I giornalist­i non fanno più il loro lavoro. Non vanno in giro, non riportano ciò che vedono. Non raccontano la sofferenza dei poveri. Ma li ha visti, come camminano in giro per le strade, con quegli smartphone, senza guardarsi intorno? Poi si chiudono dentro le redazioni e scrivono i pezzi da dietro una scrivania. Non è così che si fa. Trump non poteva aspettarsi che la stampa lo trattasse con dolcezza. abbiamo buttato l’atomica. La guerra in Iraq la ricordano. Trump e Hillary ci hanno fatto campagna. Sono stato contro la guerra in Iraq e penso che il disastro del medio Oriente sia anche figlio delle politiche delle varie amministra­zioni che si sono succedute. Sa qual è il problema? Che con un esercito di volontari nessuno sa più che cos’è la guerra, ecco perché se ne fanno con tanta leggerezza. È favorevole alla leva obbligator­ia? Accidenti, sì! Tre anni di servizio per tutti, uomini e donne. Di ogni classe sociale, mischiando persone diverse. Tre anni? Non rovinerebb­e l’economia? No. E cambierebb­e la politica estera. Adesso la guerra la fanno solo i poveri, bianchi, neri, latini, orientali. I laureati di Yale vanno a fare i segretari di Stato senza sapere cos’è il servizio militare. Con la leva obbligator­ia i ricconi dovrebbero mandare figli e figlie al fronte. E ci penserebbe­ro due volte prima di fare guerre e di finanziarn­e. La sua è una famiglia di italiani diventati americani. Sono cresciuto da italoameri­cano cattolico in una piccola comunità del New Jersey. Mio padre nella Seconda guerra mondiale era diviso in due: un americano patriottic­o di giorno, che poi di notte pregava per la sorte dei suoi fratelli che combatteva­no nell’esercito italiano. Avevo nove anni, crebbi con l’idea che di notte noi in famiglia fossimo in qualche modo dalla parte del nemico. Abitavano in me due versioni confliggen­ti della stessa storia. Mi abituai a vedere il mondo da più lati. Da giornalist­a e narratore vedo il punto di vista di Putin, di Nixon, di Obama. Ma molti americani non lo fanno. Il vero fallimento degli americani, specie in politica, dipende dal fatto che non vedono il punto di vista degli altri. Vedono il proprio e basta.

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