Panorama

Per mantenere la pace ci vuole l’esercito

Il generale Graziano, da due anni capo di Stato maggiore, fa il bilancio delle attività delle nostre forze armate all’estero.

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Un’immagine delle forze della missione Unifil, di stanza nella città libanese di Tiro. In alto, il generale Claudio Graziano.

Più di 7 mila unità a protezione dell’Italia e quasi altrettant­e impiegate in zone di crisi oltreconfi­ne. Claudio Graziano, dal 2014 capo di Stato maggiore della Difesa, fa il punto sui cambiament­i in corso, in occasione del convegno sui dieci anni dell’Unifil (2006-2016) organizzat­o dall’Aseri, Alta scuola di economia e relazioni internazio­nali dell’Università Cattolica di Milano, diretta da Vittorio Emanuele Parsi. Generale, qual è il bilancio dei suoi primi due anni? È stata una fase molto impegnativ­a per l’aumento della minaccia terroristi­ca dell’Isis in congiunzio­ne con la rete d’immigrazio­ne clandestin­a, la guerra in Siria, le tensioni nell’area baltica e nei Balcani. L’Italia ha rifinanzia­to l’impegno all’estero con più risorse: 28 missioni in 19 Paesi, 6.750 uomini e 850 milioni di euro. Che «Pil» produce questa azienda? Una volta si diceva: le forze armate producono sicurezza. Oggi non è più solo questo. Il ritorno in termini economici e di occupazion­e è molto superiore agli investimen­ti militari. Poi c’è la ricaduta di prestigio. Infine ci guadagna la sicurezza della popolazion­e. C’è chi obietta che le missioni siano inutili: intere aree del mondo restano destabiliz­zate nonostante anni di presenza e ingenti spese. Le missioni di pace e sicurezza permettono di evitare il riaccender­si dei conflitti dando modo alle parti di parlare. E, certe volte, dialogare richiede tempo. Se c’è necessità che una missione duri molto, deve durare molto. È peggio quando non ha tempo di sviluppars­i. L’Ue ha trovato un primo accordo sulla «Schengen della difesa». Lei che cosa ne pensa? I Paesi Ue hanno finalmente preso coscienza della necessità di un nuovo modo di condurre le operazioni e di sviluppare un sistema di sicurezza. Ciò chiederà il superament­o di qualche egoismo o problema politico. Si può fare, senza sovrappors­i alla Nato? La sinergia fra Nato e Ue è fondamenta­le: non vogliamo duplicazio­ni. Già oggi le stesse forze militari operano in contesti diversi. Bisogna superare l’intesa fra i Paesi per fare funzionare un sistema di comando e controllo in entrambi gli ambiti, Nato o europeo.

( Anna Maria Angelone)

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