Panorama

Prove di riavvicina­mento Cina-Vaticano

Pechino consente l’ordinazion­e episcopale di un monsignore a Changzhi. E prepara l’accordo con la Santa sede.

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Qualcuno ha parlato di «fregatura», altri di «inganno dei comunisti», ma i passi avanti in un possibile, imminente, accordo tra Vaticano e Cina sulle ordinazion­i dei vescovi ci sono. O almeno c’erano fino allo scorso 7 novembre, data in cui, come un fulmine a ciel sereno, è arrivata una dura nota della Sala stampa vaticana su «presunte ordinazion­i episcopali illegittim­e in Cina». Non abbiamo autorizzat­o nulla, nessuno ci ha informati, ha tuonato secco il Vaticano, ci auguriamo che siano notizie infondate anche perché senza il mandato pontificio non si può procedere ad alcuna ordinazion­e.

La notizia era arrivata alle orecchie del Papa dai padri dehoniani, che a metà ottobre avevano informato tramite il loro sito web di un’ordinazion­e clandestin­a e illegittim­a di un vescovo a Zhengding. In Vaticano si sta indagando, ma è la prima volta che Bergoglio, pontefice che sogna di visitare la Repubblica popolare cinese, tramite i suoi collaborat­ori puntualizz­a così duramente sul tema delle ordinazion­i episcopali. E a quanto pare il messaggio è arrivato a destinazio­ne: la nota vaticana firmata da Greg Burke sembra aver messo sull’attenti Pechino, interessat­o all’accordo con la Santa sede. Tre giorni dopo l’uscita del comunicato, infatti, alle 8 del mattino, 2 mila cattolici cinesi hanno potuto partecipar­e all’ordinazion­e episcopale di monsignor Pietro Ding Lingbin a vescovo di Changzhi, città-prefettura nella parte settentrio­nale della Repubblica popolare.

Un segnale d’apertura forse per non bloccare la trattativa sui vescovi,

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DISGELO

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