CHI È PIÙ VIRTUOSO SARÀ PIÙ PUNITO
La riforma costituzionale condanna le Regioni ordinarie al destino di essere sopraffatte dal centralismo statale. È una ricetta adeguata per le Regioni inefficienti, ma del tutto ingiustificata per quelle che funzionano meglio dello Stato: ricentralizzare la sanità di Veneto, Emilia, Toscana, Lombardia vuol dire, infatti, dissestare modelli al primo posto nelle classifiche internazionali per rapporto tra qualità e costo del servizio, con incalcolabili danni sia per la salute dei cittadini, sia per il bilancio dello Stato. Al contrario, le Regioni speciali vengono non solo del tutto esentate dal centralismo, ma addirittura elevate al rango di enti sovrani: per rivedere il loro regime di autonomia, infatti, non sarà più sufficiente, com’è oggi, una legge costituzionale (che basta per modificare la Costituzione) ma sarà necessaria anche un’intesa con la Regione interessata: se questa non vuole potrà quindi opporre un veto al massimo potere dell’ordinamento italiano (la legge costituzionale). Siamo all’assurdo: l’attuale assetto delle Regioni speciali, con i privilegi di quelle ricche, come le Province di Trento e il Bolzano, e l’inefficienza dissipatoria di quelle povere, come la Sicilia, non ha più una giustificazione adeguata. Basti pensare che alla Sicilia l’autonomia fu accordata già nel 1946 per contrastare i movimenti separatisti fomentati dagli Usa, che volevano farne il 51° Stato per avere una base nel Mediterraneo, e che a Bolzano l’autonomia fu riconosciuta nel ‘48 come compenso dell’annessione all’Italia avvenuta col trattato di Saint Germain del 1911, dopo la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico; Trento ne seguì da subito le fortunate sorti solo perché lo volle Alcide De Gaperi, che era trentino. La riforma Renzi su questo punto dimostra quindi un’insostenibile schizofrenia, e mette a rischio la tenuta del sistema: difficile che il Veneto, confinante con due Regioni speciali, dove si agitano movimenti indipendentisti, digerisca questo anacronismo subendo sul suo territorio, il ritorno ingiustificato del centralismo.