Panorama

Di Lorenzo Pavolini

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IL FATTO «Una ferita per tutti i romani» ha sentenziat­o il sindaco Virginia Raggi. Ma ad accorgersi che una zanna dell’Elefantino di Gian Lorenzo Bernini in piazza Minerva si era rotta nella notte sono state, lunedì 14 novembre, alcune turiste spagnole in visita nella Capitale. Qui Lorenzo Pavolini immagina un dialogo tra l’Elefante, che non vuole finire in una teca, e la sua restauratr­ice, che finalmente gli dedica l’attenzione che merita. vegliarsi con una pallonata in faccia, o meglio sui denti, non è carino, certo signorina. È di gran lunga preferibil­e quando a destarmi era il dolce scalpiccio delle suorine all’alba, appena prima delle campane, in una città ancora deserta, lo immagina facilmente anche lei, ma almeno vede, è salita fin quassù con il suo grazioso caschetto rosso e ci guardiamo negli occhi, mi accarezza la zanna, mi dà una grattatina alla proboscide. Poi torna anche domani con le sue colleghe, vero, me lo promette? Mi raccomando non fate scherzi, io dentro un museo o allo zoo non voglio finirci.

Mi sono guadagnato la libertà di sventolare il naso nel ponentino a forza di portare in groppa un obelisco egizio, trecentoci­nquanta anni, notte dopo notte, tra le bordate di rutti della marmaglia imbriaca. Vi prego adesso niente gabbie. Anzi che continuino a giocare e ballare. Magari imponete la vendita di palloni Super Tele, quelli leggeri che vanno a vento. Grazie signorina, può grattarmi ancora un po’, magari senza quei guanti bianchicci? Non può? Forse domani se ci sono meno fotografi, dice. Avranno altro da fare si spera, non succede niente di grave al mondo? Ci sono tutte quelle persone che vagano per la terra senza casa. Che conta una zanna? Lo sa anche lei che ne ho fatto a meno per quasi tutto il secolo scorso. Adesso starne senza per tre giorni che problema sarebbe. Del resto il mio illustre collega Ganesh non se l’è staccata per scrivere il L’importante è che a tornare sia lei. Basterebbe una carezza ogni tanto, non so se posso resistere senza. La prego torni o sono costretto a sbriciolar­mi tutto…

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