Economia di mercato a misura d’uomo
Proprietà privata, libera iniziativa, concorrenza e meritocrazia sono i principi dell’unica forma di organizzazione produttiva capace di generare innovazione e ricchezza. Ma è necessario rispettare sempre la dignità e i diritti morali delle persone. Il li
VIL DIBATTITO iviamo in un’epoca di cambiamenti profondi e rapidissimi. La Grande crisi che è nata come crisi della finanza privata negli Stati Uniti e che in Europa è diventata crisi dei debiti sovrani, ha distrutto il delicato equilibrio tra mercato, democrazia e coesione sociale che il costituzionalismo della seconda metà del XX secolo aveva assicurato, alimentando in Europa un diffuso malessere sociale. La quarta rivoluzione industriale, basata sulle tecniche digitali, ha scatenato un’ondata di disruptive innovation che sta cambiando alla radice l’economia e la società, migliorando la nostra vita e ampliando le possibilità di scelta dei consumatori, ma lasciando al tempo stesso alle sue spalle un’enorme massa di «perdenti» a cui l’innovazione ha tolto o sta togliendo il lavoro.
La globalizzazione ha fatto uscire dalla povertà centinaia di milioni di individui, ma è stata una maledizione per coloro che, al sicuro dei confini nazionali, prima si guadagnavano da vivere producendo beni e servizi ora importati a prezzi molto più bassi. Mentre il riscaldamento globale rischia di compromettere irrimediabilmente la salute del pianeta e il futuro dell’umanità.
A fronte di questi cambiamenti, che toccano la vita di milioni di uomini e di donne, hanno ripreso vigore le critiche del capitalismo e dell’economia di mercato. In particolare, nel dibattito pubblico frequentemente si leva la richiesta secondo cui «ci vuole più etica nel mercato». Un’etica che permetta di ricondurre il mercato e più in generale l’economia a risultati che possano rendere migliore la vita materiale degli uomini e ridurre le grandi diseguaglianze prodotte dai fenomeni precedentemente richiamati. In questo dibattito si inserisce l’ultimo libro di Paolo Del Debbio, che nel suo titolo pone la domanda cruciale: «Più etica nel mercato?». Questa domanda rinvia, poi, a questioni delicatissime, come: Chi deve conferire un orientamento al mercato e all’economia? I singoli agenti economici: i consumatori, gli imprenditori, i manager? O forse i pubblici poteri: le istituzioni politiche, i governi, i parlamenti, le organizzazioni internazionali? E poiché si invoca l’etica, a quali principi ci si deve riferire? Si può fare riferimento ai principi di un’etica universalmente riconosciuta? Cosa e chi le conferirebbe questa universalità?
Il libro costituisce un punto di riferimento assai utile per chi voglia orientarsi in questo dibattito e offre un’analisi e una proposta, fondate su un ricco bagaglio teorico-culturale, feconde di conseguenze pratiche. In particolare, sarebbero i diritti morali delle persone, ormai riconosciuti a livello planetario in numerosi documenti politici e costituzionali, a fornire la base di quei principi etici che dovrebbero orientare l’economia. La scelta è sempre a favore di un’economia di mercato, basata sulla proprietà privata, sulla libera iniziativa, sulla concorrenza, sulla meritocrazia, perché si tratta dell’unica forma di organizzazione economica in grado di produrre innovazione e ricchezza, migliorando la vita delle persone.
Ma l’economia di mercato deve riconoscere e rispettare la dignità e i diritti morali delle persone. E in questa prospettiva, risulta centrale la responsabilità della politica e delle istituzioni nell’assicurare un rapporto armonico tra etica ed economia. Sembra così emergere il manifesto di un nuovo liberalismo che potrebbe offrire molti spunti interessati a quei politici che volessero affrontare sul serio le sfide che vengono dalla Grande trasformazione in cui siamo immersi.