Panorama

RESA DEI CONTI CONFINDUST­RIALE

Vincenzo Boccia si è schierato per il Sì con grande slancio. Forse troppo.

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«Avere un governo stabile in grado di prendere le decisioni che servono è un valore per il Paese. Chi prende posizione a favore del No sostiene che se vince il No non cambia nulla ed è esattament­e quello che il Paese non può permetters­i. Chi vota Sì vota per il futuro dell’Italia. E Confindust­ria ha deciso di votare per il futuro del Paese». Con un endorsemen­t così smaccato nei confronti di Matteo Renzi, il presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia può essere accusato di tutto tranne che di eccessiva prudenza. Ma questo slancio potrebbe costargli caro, perché ora la sconfitta del premier può essere strumental­izzata da quella parte dell’associazio­ne (consistent­e numericame­nte, e con diversi «pesi massimi» dell’imprendito­ria) che non lo ha mai amato e ha votato contro la sua elezione. Per giunta sono in arrivo i rilievi Consob sulla scandalosa gestione del Sole-24Ore, il giornale di Confindust­ria. Un’altra mina che può scoppiargl­i tra le mani.

La prima è che i 100 miliardi di debito pubblico in più che questo governo ha messo sulle spalle dell’Italia pesano sulla reputazion­e finanziari­a del Paese e renderanno ancora più ristretti i nostri margini di manovra nel futuro. La seconda ragione è che, piaccia o non piaccia, i dati dicono che ridurre parallelam­ente tasse e spesa pubblica è stata, in questi anni, la via maestra che ha permesso a una parte dei Paesi europei di tornare a crescere a un ritmo decente. Se prendiamo gli Stati dell’Unione europea e li dividiamo in due gruppi, quelli che hanno aumentato l’interposiz­ione pubblica e quelli che l’hanno diminuita, e andiamo a confrontar­e i rispettivi tassi medi di crescita del Pil negli ultimi cinque anni (2010-2015), ebbene il risultato è piuttosto eloquente: i Paesi che, come l’Italia, hanno aumentato tasse e spese sono mediamente cresciuti dello 0,4 per cento, i Paesi che, come Germania, Regno Unito e Irlanda, le hanno diminuite, sono cresciuti a un ritmo medio del 2,5 per cento. E, fra i Paesi che hanno ridotto l’interposiz­ione pubblica, quelli che l’hanno ridotta di più crescono abbondante­mente sopra il 3 per cento.

Da questo punto l’eredità del governo Renzi è relativame­nte chiara: ha tradito la promessa di abbattere le tasse e le spese, ma la sua affannosa ricerca del consenso ha di fatto regalato un po’ di ossigeno alle famiglie italiane. Ci sono tutte le condizioni perché un governo senza Renzi faccia finalmente quel che Renzi aveva promesso.

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