BENVENUTI NEL PRESEPE MULTIETNICO
chiamato chiunque, anche recentemente. E per Zelig i nostri personaggi sono stati una costante. A. Abbiamo dato, abbiamo avuto. In tv fino al 22 dicembre siete di nuovo i due vecchietti litigiosi per Zelig event. E si rivede la mitica panchina: quando è apparsa nella vostra vita? F. Noi proviamo le scene e se una ci piace la teniamo. La panchina ci piace. Spunti comici dall’attualità? A. Il muro del Messico è una barzelletta, peraltro è per un po’ muro, un po’ rete mettalica da tagliare con il tronchesino... Donald Trump è un grande comico. Quasi quasi mando via Franz: suona bene «Ale e Trump», no? F. Anche «Ale e trans». Vi vedete anche fuori dal lavoro? A. Lavoriamo quasi sempre. Stiamo insieme tanto. Quasi sempre. E bevete grappa o è una leggenda? Ale. Grappa, tequila... quando abbiamo fatto lo Zelig tour, alla fine dello spettacolo si usciva e finivamo tutti ubriachi. Adesso ci siamo calmati. A che cosa state lavorando? F. Due spettacoli: siamo in giro con lati-latitanti e ad aprile portiamo al Teatro Strehler di Milano, un omaggio a Giorgio Gaber e a Enzo Jannacci, Nel nostro piccolo. Pensate di assomigliare ai due? F. Gaber ti faceva riflettere su politica, società, sul conformismo, su chi siamo. A. E Jannacci cantava di un barbone che muore sotto i cartoni. Sembrava un clown e invece era una mente lucida. Siamo diversissimi, ma il modo di approcciare la satira sociale e di costume è simile. F. Nei nostri sketch parliamo di solitudine, di diversità, malattie mentali, incomunicabilità. A. Ci ridiamo sopra, anche con i due vecchietti sulla panchina, però alla fine cerchiamo di dire delle cose. Insomma, siete due intellettuali travestiti da comici? F. Facciamo gli scemi e siamo anche volgari, talvolta. Diciamo che siamo dei finti intellettuali. Di certo, siamo dei goliardi puri.
che in verità sta in mezzo alle Tremiti, il Bambinello designato è cresciuto troppo e non ha sostituti perché le nascite tra gli italiani, di là, si sono arenate da anni. Per trovarne un altro di misure accettabili il sindaco Cecco (Claudio Bisio, sotto) chiede, per così dire, un «prestito» alla comunità musulmana – peraltro dai paesani non proprio ben vista – capeggiata dall’amico d’una volta Marietto ( Alessandro Gassman), diventato Bilal dopo la conversione all’Islam. In mezzo, suor Marta (Angela Finocchiaro), «ex» di entrambi prima di prendere i voti, contraria a rompere la tradizione. Fatto sta che le forme del presepe assumono costumi, simboli e colori inediti tra religioni mescolate, un Bambin Gesù musulmano, un ramadam cristiano e un sorpresa buddhista finale. In una commedia chiassosa e multietnica che Luca Miniero governa sulle stesse linee ispiratrici dei suoi Benvenuti al Sud e Benveunti al Nord con un occhio all’antagonismo burlesco e bisticciante di Don Camillo-Peppone. Risultato fragrante e ricreativo, raffinato nelle immagini panoramiche da qualche prodezza prospettica d’inquadratura.