E adesso rottamiamo
A colpi di 80 euro e altre generosità elettorali, Matteo Renzi ha speso 28 miliardi e la
Nessuna manovra aggiuntiva»: Paolo Gentiloni lo ha detto e ripetuto. Lo sforamento lasciato da Matteo Renzi, tutto sommato, non è così grande, appena lo 0,2 per cento del Prodotto lordo, circa 3,4 miliardi di euro che non è impossibile trovare nei meandri di una spesa pubblica pari a 800 miliardi. Dunque, una tempesta in un bicchier d’acqua? Non esattamente, perché il braccio di ferro con l’Unione europea non è solo «una questione di decimali», come pretende il governo. Dietro c’è qualcosa di ben più consistente, c’è la qualità del deficit e, quindi della spesa, c’è una politica fiscale elettoralistica e assistenziale che irrigidisce il disavanzo e il debito rendendo molto più difficile gestirli.
Lo sa bene il ministro dell’Economia: per convincere Pierre Moscovici, il commissario agli Affari economici e monetari, a concedere tempo (perché di ulteriore flessibilità non c’è davvero aria dopo i 19 miliardi ottenuti lo scorso anno) Pier Carlo Padoan ha davanti a sé una sola strada: mettere ordine nel caos lasciato da Renzi e dimostrare che è in grado di riprendere in mano le redini del bilancio pubblico. « Poche slide, questa volta, ma conti più certi e dettagliati.
Sbrogliare la matassa non sarà facile. In via XX Settembre, dunque, dentro il quadrato di palazzo Sella che sembra sempre pronto a ospitare una parata militare, i tecnici del Tesoro e della Ragioneria sono al lavoro per capire come disboscare la giungla delle prebende. Nel mirino in primo piano ci sono i bonus, le una tantum diventate permanenti. Gli 80 euro saranno erogati anche quest’anno, ma con la revisione del bilancio è possibile che vengano riassorbiti in un provvedimento più organico e strutturale di revisione delle aliquote Irpef. Quello che del resto Padoan aveva sempre promesso per poi farlo slittare di anno in anno sotto la pressione di Renzi che voleva erogare i denari, pochi maledetti e subito.
Le mance elettorali, messe sotto tiro non solo dalle opposizioni, ma anche dal rigorista Mario Monti, sono molte e ammontano, secondo alcune stime, a ben 28 miliardi. E si trova davvero di tutto: c’è l’Ape, cioè l’anticipo della pensione che ricadrà in parte su chi vorrà usufruirne e in parte sullo Stato; c’è il contratto degli statali fermo dal 2011: per molti versi il rinnovo è