Il rosso freddo del principe comunista
Una retrospettiva celebra Francesco del Drago, nobile artista refrattario alle regole. A Roma fino al 26 marzo.
La domenica arrivavano in pellegrinaggio, nel castello di Filacciano in Sabina, Giorgio Napolitano, Amintore Fanfani, che voleva fare il pittore, l’amico Renato Guttuso, il critico letterario Natalino Sapegno e il celebre psicoanalista Eugenio Gaddini. Francesco del Drago non era solo un principe, discendente della più antica aristocrazia romana, ma un grande artista e intellettuale, come pochi ce ne furono nella Roma del dopoguerra.
Giocava a scacchi, incantava con i suoi giganteschi quadri dai colori accesi, leggeva Karl Marx e Sant’Agostino. Oggi, a cinque anni dalla sua morte, viene celebrato con un’ampia retrospettiva al Museo Bilotti di Roma ( Parlare con il colore, fino al 26 marzo). A curare la mostra che vede l’intero arco della sua produzione, il nipote Pietro Ruffo, giovane artista tra i più noti, e la figlia Elena, storica dell’arte e per l’occasione consulente scientifica. Che racconta: «Era un solitario, un personaggio atipico nel mondo dell’arte, non si è mai interessato del mercato e ha pagato la scelta di non far parte di nessun gruppo. Ha lavorato incessantemente alle sue ricerche scientifiche, filosofiche e anche religiose». Nato nel ‘20, aveva combattuto nella Resistenza e dopo la guerra era tornato alla sua passione, la pittura. Come Guttuso, con il quale divise lo studio a Villa Massimo, si era iscritto al Pci. «Il principe comunista fece scalpore nella sua famiglia, gli tagliarono i fondi, ma lui continuò a non seguire le loro regole, anche nel matrimonio scelse la donna che voleva» continua la figlia.
Partecipò alla Biennale nel ‘54, poi con pochissimi soldi si trasferì a Parigi, dove divenne amico dei grandi di quegli anni, da Picasso a Lèger. Nell’87 realizzò il Nuovo cerchio cromatico: «Aggiunse ai tre colori principali utilizzati dai tempi di Newton (rosso, blu e giallo), anche un quarto, il rosso freddo». I suoi studi sono considerati i più importanti della seconda metà del ‘900. In mostra ci saranno anche i suoi scritti. «Gli interessava capire gli effetti del colore sul cervello. Il legame tra arte e scienza lo ha sempre affascinato» conclude Elena del Drago. Commoventi gli ultimi lavori, di una bellezza struggente. Sfumati, quasi evanescenti, come se il principe artista cercasse di raccontare con i suoi colori la fine del viaggio.
(Terry Marocco)