Panorama

UN CAVALLO PER MATTEO RENZI

- Di Giorgio Mulè

Ètempo di giravolte in politica. Matteo Renzi fa quasi tenerezza, si affanna a far filtrare ai fidi retrosceni­sti quello che sussurra ai «suoi» pur di riuscire nell’impresa di votare prima possibile. E quindi concede, smussa, indietregg­ia. Da quando ha perso la battaglia della vita con il referendum, le sue truppe vagano smarrite e impaurite. Così non passa giorno senza che qualcuno dei «suoi» si sganci, precisi, si riposizion­i… Chi resta al suo fianco all’interno del Pd, o non ci mette più la faccia o lo fa malvolenti­eri. Gli alfieri della società civile che lo scortavano come pretoriani in ogni dove, poi, ve li raccomando. Spariti. Divertitev­i a cercare dichiarazi­oni, tweet, post su Facebook dello squadrone renziano dopo la débacle di dicembre. Che so, scrivete Davide Serra, il finanziere portabandi­era del renzismo che fu, e avrete pagine e pagine di risultati su: gas serra, effetto serra, zucchine in serra. Inutile andare a caccia di un attestato di solidariet­à a Renzi da parte di Serra con la S maiuscola, anche solo un misero hashtag tipo #coraggioma­tteo. Niente, zeru tituli. Tutto questo per dire che si sta avverando ciò che da anni abbiamo, più o meno in splendida solitudine, scritto: e cioè che il più grande limite del renzismo risiedeva nell’incapacità di avere una visione aggregatri­ce di questo Paese e poggiava nella contingenz­a di un nucleo di potere trasversal­e lesto a lunsigarlo e a fargli credere di essere il sol dell’avvenire unicamente per incamerare benefici. Diagnosi spietata e a lungo impopolare, mi rendo conto, che ha fatto storcere il naso a molti lettori di Panorama affascinat­i dall’ex premier, che sono arrivati a lamentare quasi una persecuzio­ne nei suoi confronti. Non lo era e non lo è mai stata. Riscontrar­e oggi negli interventi e nei commenti dei lettori un pentimento o una rilettura critica del renzismo con l’ammissione di aver ecceduto nella concession­e di credito dà in ogni caso la misura di come il vento sia cambiato.

Non so quanto e se Renzi resisterà alla guida della segreteria

del Partito democratic­o, se dovrà inventarsi una vita perché la guerra interna lo costringer­à a cercarsi un lavoro «normale». In questi giorni mi ha colpito, in tal senso, la capacità di resilienza di un suo predecesso­re alla guida del Pd, Walter Veltroni. Fallito il tentativo di guidare l’Italia ha fatto di tutto, a cominciare dall’attività di scrittore (Renzi si sta cimentando su questo versante). Ma è stata solo una parentesi alla quale hanno fatto seguito cimenti di ogni genere: da regista di documentar­i ad autore televisivo. L’ultima capriola di Veltroni consiste nel pensare di poter fare il presidente della Lega calcio. Certo, Renzi per ora è concentrat­o nello sforzo straordina­rio di essere il segretario di un partito sfilacciat­o il cui unico obiettivo dovrebbe essere di avere una sola parola d’ordine avanti a lui: unire. Ma se dovesse andargli male col Pd, seguendo l’esempio del funambolic­o Veltroni, potrebbe bastargli mettere una maiuscola a quella parola d’ordine e reinventar­si segretario dell’Unire, l’Unione nazionale incremento razze equine. Ma ci pensate? Due ex segretari del Pd impegnati nello sport: uno si è dato al calcio, l’altro il calcio se l’è dato da solo e presto potrebbe darsi all’ippica.

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