Si riparte se si investe
Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, spiega perché Brexit ed effetto Trump possono avere un impatto negativo sul nostro Paese. Che però ha molte vie d’uscita...
Non sarà un anno facile, il 2017. La crescita stenterà ad arrivare, i tassi di interesse non saliranno di molto. E soprattutto la Brexit e l’elezione di Donald Trump porteranno con sé più rischi che vantaggi per l’Italia e per l’Europa. Ne è convinto Gregorio De Felice, da più di 20 anni capo economista di Intesa Sanpaolo, dove guida un team formato da 70 esperti e considerato uno dei miglior osservatori economici del Paese. Perché la Brexit rappresenta un problema? La svalutazione della sterlina, provocata dalla decisione di Londra di uscire dall’Unione europea, penalizza il nostro export verso il Regno Unito: si tratta del 5,4 per cento delle nostre esportazioni complessive. Ma questo tutto sommato è il male minore. Il vero problema è che le trattative tra governo inglese ed Europa bloccheranno per due anni ogni tentativo di riformare la governance di Bruxelles. Di fronte al diffondersi di movimenti politici anti-Europa, è necessario rimettere mano ai trattati. L’Unione dovrebbe porre più attenzione alla crescita, all’innovazione, ai giovani. Manca una vera sensibilità verso il tema dello sviluppo. Ma la trattativa sulla Brexit bloccherà tutto. E l’Italia da sola, con il suo alto debito, può fare davvero poco. Allora anche lei si schiera contro il fronte dell’austerità? Rispetto al 2008 in Italia gli investimenti privati sono scesi del 25 per cento, quelli pubblici del 22,5 per cento. Il calo cumulato di questi ultimi è pari a circa 50 miliardi di euro che avrebbero aiutato il Paese a crescere di più. L’Italia ha applicato l’austerity tagliando le spese discrezionali, come gli investimenti, senza incidere abbastanza sulle spese strutturali. Quindi, le politiche di austerità dovrebbero maggiormente tener conto degli obiettivi di crescita e riqualificazione della spesa. Secondo lei la Germania sta pensando di uscire dall’euro? No, l’uscita dall’euro provocherebbe una rivalutazione eccessiva della sua moneta. Certo Berlino dovrebbe guardare più avanti, rendendosi conto che un’Italia e una Francia che crescono più velocemente le farebbero solo del bene. Perché l’arrivo di Trump alla Casa Bianca non è una buona notizia per l’Italia? C’è il rischio che con questa presidenza aumentino le tensioni internazionali e che l’Europa perda potere sullo scacchiere mondiale. Inoltre, una politica commerciale americana più nazionalista rappresenta una minaccia concreta per chi esporta negli Stati Uniti. C’è però almeno un aspetto positivo: la riduzione della tassazione, se abbastanza ampia, potrebbe far accelerare la crescita economica degli Usa. È finita l’era dei tassi-zero? Non ancora, l’inflazione nell’area euro non si è avvicinata all’obiettivo del 2 per cento indicato dalla Bce. Penso che un primo rialzo dei tassi di interesse potrà avvenire verso la fine del 2018. Nel frattempo ci sarà un aumento dei tassi di interesse
a lungo, come già si vede sui Btp e i Bund tedeschi. Un altro anno difficile per le banche e le imprese? Un po’ meno: sui prestiti alle imprese e sulle sofferenze bancarie la situazione è migliorata. E l’ingresso dello Stato nel Monte dei Paschi ha diradato le nubi che, anche agli occhi degli investitori internazionali, avvolgevano una delle maggiori banche italiane. Perché l’Italia non cresce? Perché la nostra produttività (cioè quanto produciamo a parità di ore lavorate) cresce meno rispetto agli altri Paesi. Perché la popolazione italiana sta invecchiando, anche a causa della bassa natalità. Perché la nostra pubblica amministrazione è inefficiente. I gestori di Intesa Sanpaolo hanno intervistato 140 mila imprenditori tra ottobre e novembre scorsi per sapere che cosa, secondo loro, favorisce gli investimenti in Italia e che cosa li scoraggia: a favore sono stati indicati i tassi bassi e gli incentivi fiscali; tra gli ostacoli ha vinto la burocrazia, addirittura prima della tassazione elevata. Il governo di Matteo Renzi non ha fatto abbastanza? Ha sostenuto la domanda interna, ma non basta. Ora bisogna lavorare sull’offerta favorendo le imprese e creando il clima giusto per gli investimenti. Fare riforme che lubrifichino il sistema. Altrimenti gli imprenditori vanno all’estero. O vendono le loro attività a qualche gruppo straniero. (Guido Fontanelli)