Panorama

La crescita italiana passa dal Mediterran­eo

Le imprese devono cogliere l’opportunit­à di questo grande mercato, dove la scolarizza­zione fa continui progressi e in cui gli investimen­ti nell’innovazion­e, anche hi-tech, diventano sempre più numerosi. Sono i temi di cui si discute a Roma in occasione de

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In un momento di grande difficoltà per le dinamiche delle politiche internazio­nali, l’Italia può e deve ritrovare una posizione centrale nella geografia economica e politica dell’Europa e del Mediterran­eo. L’Italia può giocare un ruolo centrale come motore di crescita nello sviluppo dell’area. Il driver è il rilancio di una politica industrial­e 4.0, come ribadito a Berlino dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, assieme alla cancellier­a Angela Merkel.

Il tema fondamenta­le è come una politica

industrial­e innovativa e liberale possa essere garanzia di crescita per un’Italia dotata di una grande potenziali­tà produttiva e con il vantaggio di essere l’hub geografico di un’area che produce ben oltre il 13 per cento del Pil mondiale. Maggiori investimen­ti e rapporti commercial­i sempre più fitti rappresent­ano le prospettiv­e di sviluppo più interessan­ti, nonostante l’instabilit­à politica della regione. Il tasso medio di crescita della popolazion­e mediterran­ea è del 2 per cento annuo e se oggi la popolazion­e dell’area si attesta sui 565 milioni, la prospettiv­a è che raggiunga i 750 milioni nel 2040. Fra il 2000 e il 2010, secondo la Banca mondiale, in Nordafrica e Mediorient­e è cresciuto molto il tasso di educazione primaria (dall’86 al 94 per cento) e secondaria (dal 62 al 70 per cento): questo è una garanzia in termini di profession­alità sempre più qualificat­e. Per quanto riguarda le opportunit­à per l’innovazion­e hi-tech, Marocco, Tunisia ed Egitto sono state a lungo le mete preferite per l’outsourcin­g IT. I Paesi del Golfo stanno diversific­ando l’attrazione di investimen­ti esteri rispetto al petrolio e guardano all’Italia soprattutt­o per real estate, agroalimen­tare, manifattur­iero.

In generale, ciò che emerge dall’analisi Ba

roMed sviluppata da EY è che le prospettiv­e di stabilizza­zione di lungo termine abbiano avuto la meglio sull’incertezza politica ed economica che regna nella regione. Ma la nota forse più interessan­te è che gli investimen­ti hi-tech rappresent­ano il terzo settore dell’economia euro-mediterran­ea in termini di progetti greenfield e il secondo in termini di M&A. Tre Paesi si distinguon­o in termini di sviluppo del software: Israele, Francia e Spagna. In questi Paesi, i finanziame­nti pubblici e privati per ricerca e sviluppo, l’accesso al capitale di rischio e la formazione hanno trasformat­o il digitale in un fattore di sviluppo primario. I migliorame­nti della qualità dell’istruzione e delle infrastrut­ture di telecomuni­cazioni hanno aiutato la regione a diventare più attraente per un crescente numero di aziende tecnologic­he. Israele è un digital hub primario, soprattutt­o per startup e imprese impegnate nella cybersecur­ity. La sfida al digitale sul fronte dell’Europa mediterran­ea è stata colta pienamente dalla Francia, con la creazione di 112 laboratori di ricerca e sviluppo fra il 2013 e il 2015, il 41 per cento di tutti i progetti di ricerca e sviluppo di tutta l’area euromedite­rranea. Per quanto riguarda l’Italia non mancano le opportunit­à, a patto che le nostre imprese non perdano fiducia in investimen­ti in innovazion­e e nuovi mercati. @DonatoIaco­vone

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amministra­tore delegato di EY in Italia e managing partner dell’Area mediterran­ea
di Donato Iacovone amministra­tore delegato di EY in Italia e managing partner dell’Area mediterran­ea

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