Divise contro toghe
Mai un sindacato di Polizia aveva usato toni così violenti contro il rappresentante dei magistrati. «Davigo ci colpevolizza, ma gli agenti che sbagliano pagano, i suoi colleghi no».
Ho ascoltato Piercamillo Davigo e sono rimasto esterrefatto. Posso dirlo? Sono parole folli». Il segretario del Sindacato autonomo di Polizia Gianni Tonelli è estraneo all’understatement. Non ha gradito, in particolare, le recenti dichiarazioni del presidente dell’Associazione nazionale magistrati: «Il giudice non è presente quando viene commesso il reato, sa le cose che gli raccontano», se vengono commessi errori nel corso delle indagini, se il testimone è minacciato o sottoposto a tortura da parte delle forze di polizia, il magistrato non può saperlo, perciò è tratto in inganno.
«Noi non possiamo neppure respirare senza l’autorizzazione del pm» commenta Tonelli. «Con il nuovo codice di Procedura penale, il dominus delle indagini preliminari è il magistrato, noi siamo completamente vincolati dalle deleghe. La nostra unica facoltà è la raccolta delle sommarie dichiarazioni nell’immediatezza del fatto, raccogliamo gli eventuali corpi del reato per evitare che vadano perduti. Se l’indagato o il testimone mente, spetta al magistrato di valutare e cercare un riscontro fattuale. Quando rivolgiamo domande negli interrogatori, leggiamo un foglio vergato dal pm. Se qualcuno sbaglia la colpa non è certo nostra».
Il vecchio sistema inquisitorio in vigore fino al 1989? «Era migliore, invece si è voluto scimmiottare un sistema di common law che non appartiene alla nostra tradizione e al nostro ordinamento». In alcuni casi si evidenziano però errori macroscopici dovuti alla negligenza degli inquirenti, con prove scientifiche contaminate. E le forze di polizia sono le prime a raggiungere la scena del delitto. «Capita pure a noi di sbagliare. Nel caso di un comportamento scorretto paghiamo, lo assicuro, mentre gli accusatori di Enzo Tortora, per dirne uno, sono avanzati in carriera. La messa in orbita della polizia scientifica impone modifiche normative. Il problema però è più profondo. Oggi non si svolgono più indagini tradizionali alla Maigret. I magistrati procedono su due binari: intercettazioni a strascico e carcerazione preventiva. Si arresta per far parlare: Tangentopoli, la vicenda di Gabriele Cagliari e di molti altri, non hanno insegnato granché». Un’accusa pesante.
«Guardiamo la realtà: noi obbediamo pedissequamente alle direttive del magistrato, è lui che guida le indagini, i poliziotti eseguono. Con i tempi lenti della giustizia e l’amplificazione mediatica, l’inchiesta è l’unico momento d’interesse pubblico, del processo non importa a nessuno, solo agli imputati che restano sulla graticola per anni. Quando l’ho detto in tv, ho ricevuto querele e avvisi di garanzia. La verità è messa al bando da un giacobinismo esasperato».
Negli ultimi dieci anni lo Stato ha pagato 650 milioni in risarcimenti per ingiusta detenzione più altri 43 per errori giudiziari. Nello stesso periodo gli stipendi delle toghe sono cresciuti, in media, del 28 per cento. «I nostri sono bloccati dal 2010, e rischiamo la vita ogni giorno. Un poliziotto su strada guadagna 1.260 euro al mese con l’attesa di arrivare, al massimo, a 1.400. Gli ultimi governi si sono caricati della grave responsabilità di tenere migliaia di famiglie sulla soglia di povertà».