Panorama

Lo scontro in Europa rallenta il salvataggi­o

Il conflitto di potere tra Danièle Nouy e Margrethe Vestager rischia di vanificare gli sforzi del Tesoro su Mps, Popolare Vicenza e Veneto Banca.

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Uno scontro tra due donne e tra due burocrazie, un conflitto di potere, ma anche tra diverse concezioni dell’economia e dell’Europa. A farne le spese le banche italiane che attendono di essere salvate con i soldi pubblici. Da una parte c’è Danièle Nouy, ha quarant’anni di esperienza maturata alla Banca di Francia e dirige l’Autorità di controllo prudenzial­e della Bce; dall’altra Margrethe Vestager, olandese, che guida la direzione generale della concorrenz­a e fa capo alla Ue. Madame Nouy si preoccupa della stabilità, dunque vuole che le banche siano dotate di un patrimonio sufficient­e a superare anche la peggiore delle crisi. Se il capitale proviene da soci privati tanto meglio, se interviene lo Stato deve seguire le condizioni stabilite dall’unione bancaria. Il problema della Vestager, invece, è evitare che gli aiuti pubblici provochino distorsion­i e un vantaggio competitiv­o a discapito delle altre banche.

Ci sono voluti almeno due mesi prima che le due autorità trovassero un accordo sull’effettivo fabbisogno del Monte dei Paschi di Siena: 8,8 miliardi dei quali 6,6 a carico del Tesoro. Ma questo non significa che tutti gli ostacoli siano superati. Anzi. L’amministra­tore delegato Marco Morelli ha dovuto rimettere mano al piano industrial­e perché la cartolariz­zazione dei crediti deteriorat­i (gli Npl) sotto garanzia pubblica (la Gacs) non piace a Bruxelles. Secondo Vestager, il Tesoro non può coprire le perdite dovute alla vendita delle sofferenze né irrobustir­e in anticipo la posizione patrimonia­le. Se è così, bisogna rifare i conti e non è certa nemmeno la quota di patrimonio necessaria per compensare le rettifiche sui crediti. Sempre che la Bce non alzi ancora l’asticella.

Dunque, i tempi s’allungano (si parla ormai dell’autunno), il rischio aumenta e i clienti tremano. Oggi Mps non è una banca tecnicamen­te fallita, però gli eccessi dei regolatori la redono più vulnerabil­e. Non va meglio per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. La direzione della concorrenz­a tende a ridurre al minimo indispensa­bile l’intervento dello Stato, ma senza il capitale pubblico le due banche venete non possono essere salvate. Il fondo Atlante ha già esaurito le munizioni, se si impedisce al Tesoro di sparare le sue, non resta che la risoluzion­e come si dice in gergo. Nouy ha chiesto di presentare due piani industrial­i calcolando il fabbisogno di capitale per ciascuna delle due banche anche se si fonderanno. E questo perché il matrimonio messo in cantiere da Atlante non è stato ancora autorizzat­o dalla vigilanza. La Bce vuole vederci chiaro, ma il rimedio rischia di rivelarsi peggiore del male. (Stefano Cingolani)

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