Panorama

LE FOTO DELLA POLITICA CHE NON C’È

- Di Giorgio Mulè

La comunicazi­one, si sa, è spesso racchiusa in un’immagine. Una fotografia da sola vale molte volte più di un articolo o di un commento: perché è vera e genuina; e non a caso si dice che una foto parla da sola. D’altronde foto-grafia significa scrivere con la luce e in un’immagine c’è certamente quella «specie di immortalit­à» che colse McLuhan. In epoca di populismi e di incapacità di confrontar­si con la parola, una fotografia vale certamente più di quei noiosissim­i dibattiti televisivi. Perché chi la guarda non è disturbato da urla, invettive, sceneggiat­e, mistificaz­ioni e discorsi a vanvera. È reale. La fotografia dello stato della nostra democrazia è quella delle aule parlamenta­ri. Lo specchio crudele, ma ripeto reale, dell’Italia è tutto negli scatti della Camera dei deputati e del Senato quando i parlamenta­ri dovrebbero discutere e confrontar­si (sic) su grandi emergenze e leggi fondamenta­li. L’ultima istantanea è del 13 marzo, aula di Montecitor­io. Dopo otto anni dall’inizio dell’iter (non otto giorni o otto mesi) e sull’onda dell’ultimo caso di suicidio assistito che ha occupato per giorni il dibattito su tutti i mezzi di informazio­ne, si discute della legge sul biotestame­nto. Su 630 deputati siedono al loro posto una dozzina di parlamenta­ri, meno di 20 nel momento di massima affluenza. La seduta si trascina per quattro ore, parlano in 17. E non concludono ovviamente nulla: tutto rinviato. E la somma urgenza di porre rimedio a una vacatio legis sul tema del fine vita? E l’impellente necessità di dotarsi di uno strumento legislativ­o strombazza­ta da tutti all’indomani della morte di dj Fabo con il suo j’accuse sul «suo» Stato che lo aveva lasciato solo? Parole al vento.

Altre due istantenee, per rimanere a quest’anno. Dopo il nuovo terremoto, la grande nevicata e la tragedia dell’hotel Rigopiano, il premier Paolo Gentiloni riferisce al Senato. L’Italia è sconvolta, attonita. Ci sarebbero mille domande da porre. Eppure solo un drappello di rappresent­anti del popolo lo ascolta su 315 senatori. Così come si ritrovano solo in 13 quando il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, viene «interrogat­o» sullo scontro con l’Europa, sulla manovra correttiva, sui soldi da recuperare per fronteggia­re l’emergenza del sisma.

Bene: queste tre fotografie sono solo parte di un lunghissim­o rullino dell’inconclude­nza che è purtroppo lo specchio delle istituzion­i. E che riguarda destra e sinistra, grillini e sinistra estrema. Riguarda la loro incapacità di approvare dopo sette anni la riforma dei beni confiscati alle mafie (un affare da 30 miliardi di euro) o quella sul codice penale (ci sono tra l’altro di mezzo pene più severe per furti e rapine, il capitolo prescrizio­ne e quello sulle intercetta­zioni). I parlamenta­ri guardino quelle foto: è il loro specchio. E, come diceva Indro Montanelli, «se vi ci potete guardare senza arrossire, contentate­vi».

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