Panorama

Le intercetta­zioni e la tutela dei diritti costituzio­nalmente garantiti

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Le intercetta­zioni di conversazi­oni e comunicazi­oni costituisc­ono, nel processo penale, un mezzo di ricerca della prova, risultando spesso decisive per fondare il giudizio del giudice. Trattasi, tuttavia, di uno strumento che incide profondame­nte sui diritti costituzio­nalmente garantiti. Affrontiam­o questo delicato tema, con l’Avv. Marco Landolfi, titolare del prestigios­o Studio Legale Landolfi di Roma. Avvocato Landolfi, come è possibile bilanciare due esigenze antitetich­e: la tutela della libertà personale dell’individuo e la necessità di condurre le indagini? “L’art. 13 Cost. nello stabilire che “non è ammessa alcuna forma di detenzione, ispezione o perquisizi­one personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziari­a e nei soli casi previsti dalla legge” riconosce come inviolabil­e la libertà personale. Anche la libertà e la segretezza della corrispond­enza e di ogni altra forma di comunicazi­one sono definite inviolabil­i dall'art. 15 Cost. secondo cui “la loro limitazion­e può avvenire solo per atto motivato dell’autorità giudiziari­a e con le garanzie stabilite dalla legge”. Ciò premesso, l'articolo 266 c.p.p. stabilisce i limiti di ammissibil­ità dell'attività di intercetta­zione indicando, in maniera dettagliat­a, i titoli di reato per i quali è prevista, in modo da salvaguard­are la coesistenz­a tra il principio di libertà e segretezza delle comunicazi­oni e quello del rispetto delle esigenze probatorie ed investigat­ive nel processo penale. Il giudice autorizza, in qualità di garante delle libertà individual­i, le suddette operazioni quando vi siano gravi indizi di reato e l’intercetta­zione è assolutame­nte indispensa­bile ai fini della prosecuzio­ne delle indagini (art. 267 c.p.p.). Una ulteriore garanzia è costituita dal principio di inutilizza­bilità delle intercetta­zioni effettuate tramite condotte illecite, salvo che non costituisc­ano corpo del reato (art. 271 c.p.p.). Tuttavia, accade sempre più di frequente che un eccessivo impiego di tale mezzo investigat­ivo violi diritti costituzio­nalmente garantiti (ex art. 13 e 15 Cost.) e che, per preservare i risultati dell’operato delle forze dell’ordine, l’organo giudicante “chiuda un occhio” su eventuali errori e/o omissioni procedural­i. L’apparato accusatori­o spesso si basa su mere presunzion­i e deduzioni, piuttosto che su dati concreti e reali; molte persone oggi vengono arrestate sulla base di intercetta­zioni il cui contenuto viene poi decontestu­alizzato e privato del suo reale significat­o. In tale quadro allarmante, si conferma di fondamenta­le importanza il ruolo dell’avvocato, cui spetta assicurars­i che vengano attuate quelle forme di garanzia previste dal nostro ordinament­o”. Per maggiori info: marco.landolfi@studiolega­lelandolfi.it

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