Panorama

Perché è giusto alzare un muro culturale per fermare Erdogan

Il presidente turco tenta di «avvelenare» l’Europa con la sua propaganda islamista e fascistoid­e. Per questo ha fatto bene l’Olanda a metterlo alla porta. Mentre l’Ue, al solito, si è mostrata pavida.

- di Vittorio Emanuele Parsi

C’è voluto un sindaco di fede musulmana e di origine marocchina per ricordare a tutti noi che dobbiamo difendere la nostra identità civica e la nostra cultura politica, fatta di tolleranza e laicità, se non vogliamo essere sottomessi (per dirla con Michel Houellebec­q) da quella altrui. Ahmed Aboutaleb ha vietato al ministro degli Esteri turco di tenere un comizio sul referendum con cui il presidente Recep Tayyip Erdogan intende completare la trasformaz­ione della Turchia in un’autocrazia islamista; e così facendo ha dato fuoco alle polveri di una durissima polemica tra le autorità di Ankara e quelle olandesi. Il governo ha sostenuto la decisione del sindaco di Rotterdam, la città che fu di Erasmo, negando il permesso di atterraggi­o al volo con il quale il ministro voleva comunque imporre la sua indesidera­ta presenza e ha fatto riaccompag­nare alla frontiera la ministra della Famiglia che si proponeva di sostituirl­o.

Ne è seguita una polemica al calor bianco in cui quel raffinato intellettu­ale di Erdogan (la cui cultura storica ricorda quella dell’ex presidente iraniano Mahmud Ahmadineja­d, famoso tra l’altro per negare la storicità dell’Olocausto) ha definito l’Olanda «un

avanzo del nazismo», minacciand­o di «fargliela pagare cara». Cose da guappi di cartone. Ma perché il sindaco di Rotterdam non ha autorizzat­o il comizio? La ragione è duplice. Da un lato non voleva che la campagna elettorale altrui si sovrappone­sse a quella olandese. Dall’altro temeva che la propaganda islamista e fascistoid­e di Erdogan potesse diffonders­i tra i molti olandesi di origine turca che vivono nella sua città (400 mila in tutta l’Olanda). Il pericolo che Erdogan rappresent­a per l’Europa

sta tutto qui: nell’intossicar­e con il veleno della sua propaganda i cittadini europei di origine turca (ormai alcuni milioni), facendo sì che la loro cultura politica venga inquinata da concezioni e valori autoritari. Per impedire tutto ciò, l’Olanda ha il sacrosanto diritto di difendersi. Dopo l’11 settembre si parlò di «fascismo islamico» con riferiment­o agli jiahdisti. Era concettual­mente sbagliato. Ma vedendo come Erdogan sta riducendo la Turchia, a lui ben si attaglia invece il concetto di fascista e islamista, per lo spregiudic­ato utilizzo dell’islamismo politico al servizio di un personale disegno autoritari­o. Contro la diffusione di questo veleno, l’islamista liberale Ahmed Aboutaleb,

il sindaco di Rotterdam, ha emesso la sua ordinanza.

L’Europa, che a parole è sempre impegnata a sostenere i principi liberali e democratic­i in giro per il mondo, e per decenni ha fanfaronat­o del suo essere una sorta di superpoten­za etica (e giustament­e condanna i movimenti xenofobi e populisti) non si è mostrata all’altezza di questo coraggioso sindaco. Ha fatto fatica a dimostrare solidariet­à a chi, in casa nostra, difende la nostra comune libertà, a schierarsi senza ipocrisie e tartufismi a fianco di chi con la sua storia personale ci ha dimostrato che l’integrazio­ne è possibile solo nel nome dei valori di tolleranza e libertà.

I soliti seguaci della Realpoliti­k da salotto hanno ammonito del «rischio di perdere la Turchia a vantaggio della Russia». Vorremmo dir loro che è molto più pericoloso ciò che il messaggio di Erdogan lancia alle nostre comunità musulmane, ossia un impasto fatto di machismo, vittimismo, intolleran­za e arroganza. Per il resto vorremmo anche «tranquilli­zzarli»: la Turchia è già persa per l’Europa. Erdogan ha già scelto di guardare altrove. E anche per aver le mani più libere, ha deciso di rompere gli indugi e gettare la maschera del riformista moderato per rivelare il

disegno autoritari­o che ormai apertament­e persegue. Ricorrendo, ancora una volta, al sempreverd­e schema del politilogo Albert Hirschman (Exit, Voice and Loyalty), potremmo dire che dopo un’iniziale, apparente, lealtà europea, Erdogan è passato alla sua contestazi­one sistematic­a, per poi, negli anni più recenti, cogliere ogni occasione per defezionar­e dalla prospettiv­a di un avviciname­nto all’Europa. Con le minacce e gli insulti rivolti all’Olanda,

questa parabola si è definitiva­mente conclusa. E lo strappo si è consumato: prima ne prenderemo atto, meglio sarà per tutti noi. Anche rispetto alla sua membership atlantica, occorre infine rilevare come la fedeltà turca sia fortemente in discussion­e. Benché la Turchia sia ancora formalment­e un Paese membro della Nato, è evidente il suo ingresso nella sfera di influenza russa, a seguito dell’accordo trilateral­e con Mosca e Teheran sulla Siria. Ciò che è più pericoloso per i nostri interessi nazionali sono però le sue manovre per l’islamizzaz­ione totale della Bosnia-Erzegovina, dell’Albania e del Kosovo, i cui effetti destabiliz­zanti rischiano di costituire una minaccia diretta alla sicurezza europea.

 ??  ?? Dimostrant­i si scontrano con la polizia olandese a Rotterdam, vicino al consolato turco, il 12 marzo 2017.
Dimostrant­i si scontrano con la polizia olandese a Rotterdam, vicino al consolato turco, il 12 marzo 2017.
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 ??  ?? Una gigantogra­fia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in piazza Taksim a Istanbul, il 10 marzo 2017.
Una gigantogra­fia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in piazza Taksim a Istanbul, il 10 marzo 2017.

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