Chi riscalderà il Sole
Il giornale per sopravvivere ha urgente bisogno di capitali. Il presidente di Confindustria, azionista di maggioranza, non vuole cedere il comando ma fatica a trovarli. Così saranno decisive le banche.
Basteranno i circa 67 milioni di euro che Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria, conta di stanziare per ricapitalizzare Il Sole 24 Ore restando azionista al 67 per cento? Il consiglio generale di Confindustria approverà l’esborso? O non basteranno perché il mercato non assorbirà la sua parte dell’aumento di capitale da 100 milioni (almeno) che si profila? Molte domande, cui in parte risponderanno le banche creditrici della società editoriale: Intesa San Paolo, innanzitutto (già regista della scalata di Urbano Cairo al Corriere della sera e nume tutelare del Gruppo Class), seguita da Monte dei Paschi di Siena, Popolare di Sondrio e Banco Bpm.
Saranno comunque loro, confermando la moratoria in essere sui 48 milioni di debiti, a dover sostenere il So
le, ormai soggetto agli obblighi del temuto articolo 2447 del Codice, che impone di ricapitalizzare la società per non liquidarla dopo i 300 milioni di perdite accumulate negli ultimi sei anni. Come l’autosospensione del direttore Roberto Napoletano, con la successiva designazione ad interim di Guido Gentili, è stata di fatto eterodiretta dal Pm Fabio De Pasquale che ha notificato gli avvisi di garanzia, peraltro previsti da mesi, così anche il futuro del Sole come azienda sarà eterodiretto dalle banche. Peccato, perché l’anomalia del quotidiano color salmone - essere il giornale di tutto il mondo economico italiano pur appartenendo ai soli industriali - rischia di omologarsi all’altra anomalia di quasi tutta l’editoria italiana, controllata da editori che di mestiere principale fanno altro. O almeno: nei mesi scorsi, per prendersi il quoti
diano prima che fosse troppo decotto, stavano organizzandosi - si è detto senza smentite - una cordata milanese contro una romana. Non se n’è fatto nulla: oggi Boccia, legittimista, vuole conservare a Confindustria il controllo del giornale. La sua leva finanziaria virtuale globale è di 170 milioni: 50 ne ha cash, altri può farsene prestare impegnando il patrimonio immobiliare. Ma la sua base associativa glielo permetterebbe?
Si potrebbe far cassa anche vendendo - si dice per 3040 milioni - Radio24 a uno dei pretendenti fattisi avanti: Rds, gruppo Espresso e altri. Ma è pensabile un giornale amputato dell’unica sua «brand extension» di indiscusso successo? Sullo sfondo, l’ultima incognita: contenuto e promesse dell’imminente piano industriale dell’amministratore delegato Franco Moscetti. Basteranno per legittimare un simile sforzo finanziario? E quanti tagli arriveranno, dentro la redazione e soprattutto fuori?