La firma è di san Francesco
Per la prima volta esposti insieme gli unici due scritti autografi del Poverello. Un’occasione per riflettere, il 25 marzo ad Assisi, sul senso della libertà.
Con una scelta senza precedenti, si troveranno insieme gli unici due scritti autografi di san Francesco: la Chartula di Assisi e la Lettera a Frate Leone. La prima è custodita nella cappella delle reliquie della Basilica inferiore di san Francesco ad Assisi, la seconda nel Duomo di Spoleto. Sabato 25 marzo alle 11 e 30 verranno esposte nel Salone papale del Sacro convento di Assisi.
L’esposizione fa parte del progetto Sacra vestigia - Francesco d’Assisi, coordinato dalla società Scrinivm in collaborazione con i frati conventuali, l’Arcidiocesi di Spoleto e Norcia, e la Società internazionale di studi francescani. Oltre agli scritti autografi di san Francesco, sarà presentato un altro prezioso documento: la Bolla papale con cui Onorio III confermò la Regola dell’Ordine dei frati Minori ( Solet annuere - 29 novembre 1223).
L’intero corpus degli Scritti francescani (tra quelli dettati e quelli autografi) è composto dai testi legislativi Regole e esortazioni; dalle Preghiere e laudi, che raggruppano i testi spirituali, e infine le undici Lettere. Da questi importantissimi documenti emerge un «io» umile e appartato, tanto da sfumare nel «noi» dell’umanità intera e, ancor più, nella coralità delle creature. Dai testi autografi, in particolare, risalta la disponibilità all’ascolto, il rispetto dei tempi dell’altro, il colmare i vuoti della memoria e il rispetto della trama dell’esistenza animata quanto di quella inanimata. Rivelano un Francesco senza se e senza ma nella benevolenza verso l’altro: «Così dico a te figlio mio, come una madre...».
Affiora poi un tratto di straordinaria libertà interiore ed esteriore. È curioso come la parola «libertà» non compaia mai negli scritti, non venga mai sbandierata bensì vissuta. Lo rivelano le parole a frate Leo- ne: «In qualunque maniera vi sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedizione del Signore Dio e con la mia obbedienza». Il suo scrivere ha dunque un genere eminentemente narrativo-testimoniale, ben prima che letterario.
Anche grazie ai testi, il Poverello si colloca al vertice di una lunghissima serie di vite di beati e santi, di semplici credenti o dubitanti, i quali però mai divennero famosi quanto lui. Una cosa è certa: Francesco d’Assisi è da tutti conosciuto. I suoi scritti sono tradotti in ogni lingua, dal cinese all’arabo, dal russo al malgascio. E tutto è partito da quel desiderio di vivere e comunicare il Vangelo sfidando gli usi e i costumi del tempo e della Chiesa. Adoperando per la prima volta la lingua del popolo, come testimonia anche il codice 338 con il suo Cantico delle creature.
Ognuno, in fondo, a cominciare dai biografi suoi contemporanei, come dicono autorevoli storici francescani, ha il suo Francesco. I testi autografi «sono» Francesco.