Isabelle Huppert: «Vi spiego perché mi chiamano Huppertcut »
VI SPIEGO PERCHÉ MI CHIAMANO « HUPPERTCUT »
Ha girato 132 film, è affamata di set e odia la ripetitività. Mamma di tre figli, già nonna, con i suoi ritmi è capace di mettere tutti al tappeto. Come chi, nella boxe, tira il gancio del ko.
«La vita è una maratona se non addirittura una gara a ostacoli. E più la percorro più mi convinco che il cinema dovrebbe raccontare il presente, perché quello che conta, è come diciamo noi francesi “ici maintenant”, oppure come dicono gli americani, “here and now”, anche se prima di loro l’hanno detto gli inglesi…» dice Isabelle Huppert facendo sfoggio del suo umorismo bilingue. In uno dei suoi due film in uscita in Italia, Le cose che verranno di Mia Hansen-Løve, è Nathalie, professoressa di filosofia sull’orlo di una crisi di nervi e disperazione, che dopo varie mazzate professionali e sentimentali, scopre che quella che sembrava per lei la fine, potrebbe rivelarsi un nuovo inizio. Nel secondo film, Elle di Paul Verhoeven, è invece Michelle, una manager che viene violentata in casa da un uomo mascherato, e invece di atteggiarsi a vittima decide di scoprire chi sia, cominciando un perverso gioco con rivolti anche erotici. Presentato l’anno scorso al Festival di Cannes, era atteso come un film scandaloso e misogino e invece si è trasformato in una marcia trionfale. Insieme al redivivo regista Verhoeven (quello di Basic instinct), ha accumulato praticamente ogni premio e lei, in particolare, ha avuto la nomination all’Oscar. La prima, incredibilmente, di una straordinaria carriera lunga 46 anni e 132 film, spesso scritti apposta per lei dai più grandi registi contemporanei. Insomma, anche in questo caso un nuovo inizio, perché oggi in America è scoppiata la «Huppert mania». L’hanno definita con lo scontato «Meryl Streep europea», oppure con giochi di parole più creativi, da «Isabelle Huppertcut» (da uppercut, gancio, uno dei colpi da ko della boxe), a «Isabelle Hyper». Minuta (1,60), utima di cinque figli, ha appena compiuto 64 anni. È sposata da 35 col produttore Ronald Chammah, e ha tre figli, Lolita, 33, Lorenzo, 30, Angelo 19. Da tre anni è anche nonna. Ha già finito sette nuovi film, compreso un corto, uno lo sta girando adesso e di un altro c’è già la data d’inizio. Perché lavora così tanto? Non è bulimia, semmai voracità. Per me il cinema non è mai stato ripettività. Cerco di trovare gioia e significanza non solo in ogni film, ma in ogni giornata sul set e, se possibile, in ogni singola ripresa della stessa scena. Verhoven ha descritto Elle «insolente, ironico, coraggioso». Quale di questi aggettivi definisce meglio anche lei? Mi accontento di «curiosa», la sintesi di tutti e tre. E invece l’ aggettivo che meno la riguarda?