La chance federalista è da giocare
I referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto possono diventare, se condivisi, un’ottima occasione per rilanciare il centrodestra. Per andare oltre gli psicodrammi del Pd e le velleità del Movimento 5 stelle.
Erano partiti quasi in sordina, come una delle solite boutade leghiste, invece, per uno scherzo del destino, i referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto sono diventati un’ottima chance per il centrodestra. Tutto. Quell’appuntamento, infatti, potrebbe trasformarsi nell’occasione provvidenziale che serve per riaggregare l’alleanza tra moderati e destra; nel «momentum» emozionale che potrebbe spazzar via o, almeno, mitigare le divergenze e i dissapori, che hanno minato l’unità dello schieramento in questi ultimi mesi.
Un’operazione quasi obbligata se Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, non vogliono perdere l’occasione di vincere: dopo la scissione del Pd, infatti, il centrodestra unito ha l’opportunità di diventare nuovamente il primo polo italiano. Un pericolo che Renzi e Gentiloni hanno già annusato, tant’è che il governo ha risposto picche alla richiesta di Roberto Maroni e Luca Zaia di tenere il referendum insieme alle prossime elezioni amministrative di primavera, facendo ripiegare i due governatori sull’ipotesi autunnale. Ma quest’ipotesi, alla fine, potrebbe rivelarsi ancor più letale per il Pd: se le prossime elezioni politiche si terranno in ottobre, infatti, un «election day» insieme ai referendum, potrebbe trasformarsi una formidabile arma di propaganda; se, invece, si andrà a votare per il Parlamento in primavera, i referendum autunnali potrebbero diventare un ottimo trampolino di lancio per l’appuntamento successivo.
Che l’occasione sia ghiotta lo dimostra anche l’interesse che l’iniziativa leghista ora suscita in Forza Italia. Renato Brunetta, ad esempio, vorrebbe promuovere referendum simili in tutte le regioni italiane, all’insegna di un nuovo «federalismo responsabile». Mentre Berlusconi continua ad accarezzare l’idea di lanciare a livello nazionale la candidatura di uno dei due promotori, il governatore del Veneto, Zaia. Un modo per privilegiare la Lega di governo, rispetto a quella movimentista, e più estrema, di Salvini. Inoltre i referendum possono rappresentare un ritorno alle origini: i temi del federalismo, infatti, sono di sicuro meno ostici per l’unità dello schieramento di alcune tematiche che oggi propugna il leader della Lega.
Senza contare che attutire, in parte, gli argomenti populisti, potrebbe dimostrarsi salutare per tutti. Più si avvicinano le scadenze elettorali, infatti, e più appare evidente che in Europa il «populismo» di destra non può vincere se non in alleanza con l’area moderata: in Olanda il primo ministro conservatore Mark Rutte, ha recuperato lo svantaggio nei confronti del più estremo Geert Wilders; e, anche in Francia, le rilevazioni segnalano un recupero del moderato Emmanuel Macron nei confronti di Marine Le Pen. In Italia, paradossalmente, le due anime che si confrontano in Europa, potrebbero convivere nello schieramento di centrodestra. Anzi, questa diversità potrebbe essere un elemento di forza e non un handicap.
Il passato lo dimostra. Tutto dipende dalla capacità degli attuali gruppi dirigenti di privilegiare i punti di incontro, rispetto a quelli di scontro. In una fase, poi, in cui sono in molti ad auspicare che il centrodestra si ricomponga: non è azzardato pensare che al Quirinale preferirebbero affidare il mandato per formare il governo nel prossimo Parlamento all’esponente di uno schieramento che già si è misurato con i problemi del Paese, che non essere costretti dai risultati elettorali a puntare alla cieca su un grillino. «La verità» osserva tra il serio e il faceto un ex ministro dei governi del Cav, Maurizio Sacconi «è che la Storia sta correndo verso il centrodestra, ma per le polemiche interne c’è il rischio che il centrodestra, invece, di corrergli incontro, scappi».