Quelle canne che diventano luoghi
Considerato l’acciaio vegetale del ventunesimo secolo, il bamboo è il nuovo protagonista di progetti architettonici, forme di design ecosostenibile e oggetti di rara poesia.
Canne di bamboo che sembrano toccare il cielo creando giochi di luce sempre diversi. Si presenta così la foresta di Arashiyama Sagano, uno dei siti naturali più emozionanti del Giappone, a 20 minuti dalla stazione centrale di Kyoto, resa nota a un pubblico più vasto dal film La foresta dei pugna
li volanti di Zhang Yimou. Qui, il lento movimento oscillante delle canne è stato definito dal governo giapponese come «uno dei cento suoni da preservare».
Non è un luogo naturale, ma una meravigliosa opera dell’uomo la Iglesia sin religion, un tempio realizzato con sole canne di bamboo dall’architetto Simón Vélez, a Pereira, in Colombia. Anche qui, come nella foresta nipponica, percorrendo la navata centrale si vivono momenti di quiete e armonia. Forse perché una delle principali caratteristiche di questa millenaria pianta dalle altezze vertiginose è proprio quella di regalare sensazioni di benessere e di contatto primario con la natura.
Considerato in architettura l’acciaio vegetale del ventunesimo secolo, il bamboo, non a caso, ultimamente si sta trasformando nel vegetale protagonista di progetti e realizzazioni importanti, proprio perché, oltre a rispettare il pianeta, si piega a mille usi, mantenendo immutata la sua leggerezza. Così, diversamente da qualche anno fa, oggi il bamboo non si usa per strutture temporanee o costruzioni di emergenza, ma diventa l’epidermide degli edifici e la sostanza di residenze, ristoranti, spazi pubblici.
Impossibile parlare di questo vegetale e non menzionare la Bamboo House di Kengo Kuma, nella zona della Grande Muraglia, che esprime, con rara poesia, la sintesi perfetta fra architettura e territorio, fra intervento dell’uomo e gioco della natura o la Bamboo Courtyard Teahouse a Yangzhou, una città a nord-ovest di Shanghai. Una casa da tè a corte, galleggiante, progettata dall’architetto cinese Sun Wei, partner dello studio Harmony World Consulting & Design.
Maestoso è l’uso che fa del bamboo l’architetto vietnamita Vo Trong Nghia nella Naman Retreat Conference hall, un vero capolavoro capace di ospitare più di 300 persone. Nell’ambito del design spunta come segno grafico nelle ultime collezioni di tessuti e wallpaper, ma questa non è una storia nuova: basta ricordare il meraviglioso salotto della Granduchessa di Firenze, Maria Luisa Asburgo di Lorena, ancora conservato a Palazzo Pitti a Firenze, totalmente tappezzato con tessuto ricamato con motivi che riproducono ciuffi di bamboo. Più innovativa, invece, la Bamboo Chair dei designer olandesi Tejo Remy e Renè Veenhuizen realizzata intrecciando delle fasce di legno larghe 24 centimetri e dallo spessore di circa 10 millimetri per comporre una seduta dalla forma avvolgente che ricorda quella di un nido. Molto politically correct, la collezio-
ne di lampade Bamboo for forestier ideata dal designer Arik Levy che mixa materiali naturali e design contemporaneo. Le lampade si distinguono per il loro paralume bicolore in lamelle di bamboo, che proiettano a parete delle ombre delicate. Il diffusore, sempre in bamboo, presenta una parte tessuta in colore naturale e una parte intrecciata in nero, rosso o verde. La luce è quindi filtrata, per un effetto caldo e delicato, ideale come luce d’ambiente.
Ma il bamboo può essere abbinato anche ad altri materiali come avviene nella Semester Bicycles, sviluppata da MakeLab e HERObike, i quali hanno adottato un telaio molto particolare costituito dal triangolo principale in bamboo con tubi a sezione esagonale rinforzati con fibra di carbonio che aggiunge resistenza e rigidità, mentre un rivestimento in vetroresina protegge la struttura donandole una finitura lucida. Il progetto ha anche un nobile scopo: creare nuovi posti di lavoro in un’area particolarmente depressa, nella città di Greensboro, Alabama, dove il bamboo è coltivato direttamente dietro l’officina e ogni bici è assemblata da persone della comunità per offrire loro una vita migliore.
Dal dorato mondo del fashion, infine, il bamboo non è mai totalmente scomparso: amato da molti creativi e utilizzato per impreziosire ombrelli e occhiali come, ad esempio, i Sunboo. Anche se senza alcun dubbio è stato Gucci a fare di questa pianta una sorta di trade mark quando, nel 1947, lanciò la sua Bamboo bag, sdoganandolo e rendendolo simbolo di un nuovo lusso consapevole.