PER ANDARE A SCIARE SERVONO NUOVI FONDI DELLA REGIONE
È ferma da un bel po’ la seggiovia delle Regine, nel Comune di Abetone, piccolo centro della Toscana ma meta di tanti turisti sia d’estate che d’inverno. È la località sciistica preferita dal ct della Juventus Massimiliano Allegri. Ma la società Ximenes spa, che gestisce l’impianto, è stata messa in liquidazione dal novembre 2015. Il Comune - maggiore azionista con il 51 per cento - aspetta un finanziamento dalla Regione di 2 milioni per poter acquistare la parte privata, chiudere la società e affidarne la gestione ad altre società private. «Anche alla luce della nuova normativa», afferma il liquidatore Alino Bonaccia, «questa è l’unica soluzione per far ripartire l’impianto. Si tratta di una struttura messa su nel 2004 in sostituzione di un vecchissimo impianto di risalita, di cui il Comune è proprietario al 51 per cento. Inizialmente c’erano ben sette consigli di amministrazione. Ma il fatturato è stato sempre minimo anche perché una parte dell’impianto si trova in un’area protetta e ciò ha impedito di fare investimenti. Non è facile quantificare un fatturato annuo, ma le perdite si aggirano sui 1.000/2.000 euro al giorno. Non abbiamo mai percepito uno stipendio proprio per non gravare sulla già difficile situazione. Ma volevamo dare il nostro contributo per il rilancio di questa zona. È già la seconda stagione sciistica che l’impianto è fermo».
stabilimenti balneari, galline, pompe funebri, farmacie, teatri. Lo Stato imprenditore - e gli enti locali - possiedono di tutto un po’, anche se potrebbero tranquillamente fare a meno di un po’ di tutto. L’agenzia immobiliare Marco Polo srl, che gestisce terreni e fabbricati per conto della Regione Veneto, tra cui la celebre Villa Contarini, si salverà per il rotto della cuffia. Nel 2014 ha registrato perdite superiori a 300 mila euro, stando all’ultima relazione della Corte dei conti sugli organismi partecipati dagli enti territoriali. Tuttavia, aggirerà la tagliola grazie a un fatturato che sempre nel 2014 si aggirava attorno agli 800 mila euro. «Alla luce della nuova normativa», taglia corto un membro della società, «non abbiamo nulla da temere perché il nostro fatturato è superiore alla soglia prevista».
E la Bagni Marina Genovese? Costituita
nel 2001 per gestire gli impianti balneari di Palazzo Tursi, la società al 100 per cento del Comune di Genova simboleggia la disfatta delle spiagge comunali, con i suoi 161 mila euro di debiti per il mancato pagamento della tariffa sui rifiuti dal 2012 al 2015. Grazie però a un fatturato di poco superiore ai 500 mila euro, la partecipata sfuggirà alla stretta. E lo stesso vale per il Valtellina gof club, dove la partecipazione è mista a prevalenza privata. ll decreto bis non farà presa nemmeno sul-
le case da gioco. Regioni e Comuni hanno chiesto che le nuove regole - in base alle quali un’amministrazione non può finanziare interventi di sostegno a favore delle società risultate in perdita per tre anni consecutivi - non vengano applicate per il momento alle società che gestiscono i quattro casinò italiani. La società Casinò di Saint-Vincent, partecipata al 99 per cento dalla Regione Valle D’Aosta, per intenderci chiude da ormai un lustro i bilanci in perdita di 18-19 milioni.
Il provvedimento correttivo adesso deve
passare per il Parlamento. Originariamente i piani di razionalizzazione delle partecipate avrebbero dovuto essere approvati entro la fine di marzo. Dopo essere stato spostato a giugno, l’ultimatum è slittato di altri tre mesi: ora gli enti locali hanno tempo fino al 30 settembre. Dopodiché avranno a disposizione un anno per procedere con la dismissione o la chiusura delle partecipate fuori regola. Una cabina di regia del ministero dell’Economia sta per essere costituita proprio per monitorare le operazioni di sfoltimento.
Ma alla fine quante saranno le partecipate costrette a chiudere? Secondo l’ultima relazione della Corte dei conti sugli organismi partecipati, le società in mano agli enti territoriali sarebbero 7.181. Oltre alle partecipate con un fatturato inferiore alla soglia stabilita, andranno dismesse le società «doppione» e le cosiddette scatole vuote, ovvero quelle partecipate (circa 1.200) con più amministratori che dipendenti. Alla luce però delle tante eccezioni inserite nel decreto Madia, la minisforbiciata in arrivo dovrebbe interessare solo 2 mila organismi. Il ministero della Pubblica amministrazione non si sbilancia sui futuri risparmi. Che a ogni modo difficilmente supereranno quota 500 milioni. Spiccioli.
Filippo Teoldi, ex ricercatore della Boc- coni, conosce bene il problema. Prima di entrare a far parte del Nucleo tecnico di coordinamento della politica economica di Palazzo Chigi, in qualità di consulente junior, ha lavorato sulle società pubbliche a fianco dell’ex commissario alla spending review Roberto Perotti. «Io e Perotti abbiamo cercato di mappare le partecipate perché ritenevamo non fosse possibile fare un decreto legge su qualcosa che non si conosce, ma poi è prevalso un altro approccio rispetto al nostro», ci racconta l’economista. Oggi non è veramente chiaro quante siano le partecipate e fino a dove arrivi il braccio dello Stato. «Si tratta di un complesso sistema di scatole cinesi», prosegue Teoldi: «la Corte dei conti dice che gli organismi in mano agli enti locali sono più di 7.100, ma a noi risultavano essere molti di meno. Tutto dipende dal metodo che si utilizza per censirli e il problema è che nessuno usa gli stessi parametri».
Roberto Perotti, che due anni fa se ne è
andato da Palazzo Chigi sbattendo la porta, ha dedicato alle società pubbliche il capitolo clou del suo libro sulla spesa pubblica Sta
tus Quo, in cui definisce molte delle norme presenti nel decreto come facilmente aggirabili. L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, oggi al Fondo monetario internazionale, puntava invece a tagliare 7 mila partecipate. Una maxi cura dimagrante che stando ai suoi calcoli si sarebbe tradotta nell’arco di quattro anni al massimo in un risparmio attorno ai 3 miliardi di euro. Oggi Yoram Gutgeld non la pensa alla stessa maniera dei suoi predecessori. È convinto che la riduzione del numero delle partecipate non sia in grado di generare risparmi importanti. Ed è certamente così se per disboscare questa giungla si usano le forbici per la manicure.