Panorama

Nulla sarà più come prima

Il caso Minzolini, a cui inevitabil­mente seguirà la questione Berlusconi. Ma anche il nuovo ordinament­o penale e le regole per i magistrati in Parlamento. Qualcosa si muove, perfino tra le fila di Pd e grillini.

- Di Keyser Söze

Se si conosce la storia di Pci-Ds-Pd è una mezza rivoluzion­e. Avere il coraggio di dire no alla decadenza di un senatore con condanna passata in giudicato, come nel caso di Augusto Minzolini, non è cosa di poco conto. E che a farlo siano stati personaggi come il filosofo Mario Tronti o l’extesorier­e dei Ds Ugo Sposetti, il giuslavori­sta Pietro Ichino o la giornalist­a perseguita­ta dalla camorra Rosaria Capacchion­e, deve far riflettere. In più è stata un’assunzione di responsabi­lità palese, non al riparo dello schermo del voto segreto. Insomma, si è trattato di una grande prova di coraggio. Se poi si nota che oltre ai famosi 19, ci sono gli astenuti e quelli che hanno disertato il voto, si arriva a più della metà del gruppo del Pd al Senato.

Il ministro Anna Finocchiar­o, ad esempio, ha lasciato l’aula di Palazzo Madama, dicendo all’ex-ministro della giustizia di Forza Italia, Nitto Palma: «Io me ne vado, quella cosa non la voto». E più o meno la stessa cosa è avvenuta tra gli scissionis­ti. Miguel Gotor è uscito dall’aula, mentre Paolo Corsini è corso trafelato da Minzolini per dirgli: «Dimmi che sono una cacca! Volevo votare contro la tua decadenza, ma ho sbagliato pulsante».

Sono tutti elementi che dimostrano come anche nella sinistra, su un tema delicato e trascurato come il garantismo, stiamo assistendo a un passaggio di fase: ci si rapporta alle vicende di giustizia, lasciando al singolo la possibilit­à di decidere secondo coscienza, di valutare i fatti per quelli che sono, senza essere condiziona­ti dalla logica degli schieramen­ti. Appunto, una mezza rivoluzion­e, specie se lo si paragona a quello che hanno fatto altri. Il ministro Graziano Delrio, per esempio, è diventato il paladino del vecchio stile: ha criticato la scelta del capogruppo dei senatori, Luigi Zanda, di dare la libertà di coscienza, e ha riproposto la logica «bolscevica» (l’aggettivo non è casuale) di valutare i casi di giustizia, sulla base dei calcoli politici. Più o meno lo schema 5 Stelle. Il senatore Maurizio Buccarella ha espresso più di una volta solidariet­à a Minzolini, accompagna­ndola, però, dalle parole di rito grillino: «Purtroppo noi in questi casi abbiamo delle discipline da seguire». Appunto la ragion di Stato o, meglio, la ragion di partito.

Eppure qualcosa si muove, sia pure lentamente: dopo tre anni è arrivato in aula a Montecitor­io il disegno di legge che regola il rientro in magistratu­ra dei magistrati passati in politica. E, ancora, nel nuovo ordinament­o penale approvato in Senato, non si potranno ribaltare le assoluzion­i di primo grado senza riaprire l’istruttori­a in appello. Ma, soprattutt­o, si è riaperto il dibattito sulla legge Severino, sulle sue regole,sulla norma aberrante di renderla retroattiv­a. «Ho forti dubbi su questo punto», ha spiegato Luigi Manconi. In sintesi: è tornata all’ordine del giorno la questione Silvio Berlusconi e il caso della sua condanna. «Finalmente viene fuori la verità: la mia condanna è stato lo strumento utilizzato per tentare di farmi fuori politicame­nte» dice il diretto interessat­o, che aggiunge un monito quantomai esplicito: «Nella prossima legislatur­a chi vorrà fare maggioranz­a con noi si troverà al primo punto del programma di governo l’esigenza di una giustizia più giusta. È un punto su cui non transigo».

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sospetti, dove quel personaggi­o è interpreta­to da Kevin Spacey (foto), e nasconde un importante rappresent­ante delle istituzion­i, che su Panorama racconta la politica dal di dentro.
Chi è Keyser Söze: lo pseudonimo è tratto dal film-cult I soliti sospetti, dove quel personaggi­o è interpreta­to da Kevin Spacey (foto), e nasconde un importante rappresent­ante delle istituzion­i, che su Panorama racconta la politica dal di dentro.

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