Alitalia e banche venete: abbiamo toccato il fondo
Alitalia. Ilva. Crediti marci. Nonostante l’Unione europea vieti gli aiuti di Stato, il governo trova sempre un veicolo per dare un sostegno pubblico.
Altro che Golfo Persico, le mille e una notte sono in Italia. Lo sanno bene gli emiri ormai a corto di petrolio, ma forse nemmeno loro potevano sperare in tanto. Per l’Alitalia, infatti, si prepara un vero e proprio salvataggio pubblico. In realtà, la richiesta d’aiuto viene dai soci italiani (Intesa, Unicredit e Poste) che dovrebbero sganciare 200 milioni (gli altri 200 li mette Etihad azionista con il 49 per cento) per consentire agli aerei di volare. Ma il governo non è insensibile al loro grido di dolore. Il guaio è che la Ue vieta gli aiuti di Stato.
Che fare? I creativi della finanza hanno messo in moto la loro fertile fantasia e hanno tirato fuori dal cappello… indovinate cosa? Ma un fondo, che diamine! Un altro fondo. Dopo Atlante che doveva servire a sgravare le banche dai crediti marci. Dopo il fondo interbancario di tutela dei depositi. Dopo il fondo di solidarietà per i sottoscrittori della Popolare di Vicenza e Veneto banca. Dopo il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti che, in base alle ambizioni iniziali, doveva tener testa ai rivali cinesi, arabi, norvegesi. Insomma, un fondo non si nega a nessuno in questi tempi grami, soprattutto quando si tratta di aggirare le regole del mercato.
Ma chi vuol essere più mercatista nell’era Trump? Lo schema del quale si discute per Alitalia in realtà assomiglia più a quello sperimentato per l’Ilva. In sostanza, i quattrini escono dalle casse delle banche, però sono garantiti dal governo. Chissà se a Bruxelles la berranno, perché Margrethe Vestager, la danese dura come un diamante, ha già bocciato la bad bank presentata da Pier Carlo Padoan perché prevedeva una garanzia pubblica e s’è messa di traverso anche sul caso Ilva che pure è ben diverso.
Il centro siderurgico di Taranto non era affatto sull’orlo del crac prima che intervenisse la magistratura. E ci sono fior di pretendenti tra i quali Arcelor Mittal leader mondiale dell’acciaio. Alitalia, invece, non decolla (gioco di parole vietato dai puristi del giornalismo), quindi si tratta di un vero e proprio salvataggio. Anche l’obiezione che la garanzia è temporanea si presta a facili ironie: il tempo è relativo come ha dimostrato Albert Einstein, però la ex compagnia di bandiera è in coma da almeno un quarto di secolo. L’ultimo escamotage finanziario per aggirare i vincoli, dunque, chiama in causa il modo tutto italiano di affrontare le crisi aziendali: privatizzare i profitti e pubblicizzare le perdite. ( Stefano Cingolani)